Mafia, blitz a Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine: 15 arresti. Sequestrate 9 società, 81 immobili per 12 mln

CATANIA- Nella mattinata odierna, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di finanza, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazioni sulla Criminalità Organizzata (SCICO) nonché il supporto di unità Cinofile e Antiterrorismo Pronto Impiego (AT-PI) etnee, di militari delle Compagnie di Acireale, Risposto, Paternò e del Reparto Operativo Aeronavale di Vibo Valentia, hanno dato esecuzione nelle Province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine a un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 26 indagati, con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, sulla base delle attuali risultanze investigative, in una fase in cui non è stato ancora attuato il contraddittorio processuale, ha disposto:
misure cautelari personali nei confronti di 15 persone (14 in carcere e i agli arresti domiciliari), gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso nonché delle condotte, aggravate dal metodo mafioso, di usura, estorsione, traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti e riciclaggio di denaro nella forma del reimpiego dei proventi illeciti in attività economiche;

il sequestro, finalizzalo alla confisca, di 9 attività commerciali, aventi sede a Catania e operanti nel settore dell’edilizia, 81 tra fabbricati e terreni siti in provincia di Catania e Arezzo, n. 5 autovetture e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 12 milioni di euro.

L’indagine, coordinata da questa Procura Distrettuale e condotta da unità specializzate del GICO del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di finanza di Catania, ha preso avvio da talune risultanze investigative acquisite nell’ambito di altra operazione delle Fiamme Gialle etnee, convenzionalmente denominata “TUPPETTUIRU”.
In quel contesto investigativo era stata censita una conversazione tra presenti in cui alcuni soggetti, ritenuti contigui al clan “CAPPELLO” – articolazione “CINTORINO”, discutevano delle dinamiche criminali in corso di evoluzione tra i nuovi referenti del “gruppo di Picanello”, storica branca della famiglia mafiosa SANTAPAOLAIERCOLANO nell’omologo quartiere di Catania.

In una prima fase delle investigazioni sarebbe emersa la figura di spicco di SALEMI Carmelo (classe ’69), noto come “u ciuraru” (il fioraio), in quanto reale titolare di un esercizio commerciale di rivendita di piante e fiori sito nel quartiere di Picanello. Questi, unitamente ai suoi uomini di fiducia, avrebbe avuto – allo stato delle acquisizioni investigative – il compito di riorganizzare il gruppo mafioso, falcidiato a seguito di una serie di arresti operati nel tempo. Raggiunto SALEMI nel 2020 da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, l’attenzione è stata rivolta ai suoi possibili successori e, in particolare, a RUSSO Giuseppe (classe ’76), detto “il giornalista” o “l’elegante”, che avrebbe assunto la reggenza del sodalizio.

Il ruolo di SALEMI e RUSSO quali promotori e organizzatori dell’associazione a delinquere di stampo mafioso sarebbe confermato dal fatto che gli stessi avrebbero partecipato non soltanto alle condotte criminose sottese all’esecuzione del programma criminoso del sodalizio, ma avrebbero deciso, organizzato, diretto e promosso le condotte per la realizzazione degli scopi illeciti, avvalendosi costantemente, per gli incontri con i sodali, di una stalla ubicata nel quartiere Picanello di Catania, intestata a
un familiare di SGROI Alfio (classe 370), ritenuto braccio destro di SALEMI Carmelo. I reggenti si sarebbero inoltre occupati della risoluzione di controversie all’interno del clan e con altri clan, assumendo un ruolo dirimente.

Del “gruppo di Picanello” avrebbero fatto parte anche i sodali ALECCI Antonino (classe ’62), CARUSO Andrea (classe ’81), GAMBADORO Giuseppe (classe ’83), PAPA Fabrizio Giovanni (classe ’66) e SGROI Alfio (classe ’70), ciascuno con ruoli ben definiti.
In particolare, ALECCI Antonino, detto “Nino”, avrebbe rivestito una funzione di primaria importanza all’interno del clan, in quanto ritenuto uomo di fiducia del boss storico COMIS Giovanni, reggente del gruppo di Picanello dal 2013 al gennaio 2017, quando è stato arrestato nell’ambito di altra indagine. Sarebbe stato inoltre il gestore di attività di gioco d’azzardo illegale praticata nella zona di Pica-nello, i cui introiti sarebbero stati destinati al clan, nonché incaricato della raccolta dei soldi delle estorsioni, comprese quelle perpetrate a Natale e Pasqua, pur occupandosi personalmente e principalmente dell’attività inerente il traffico di sostanze stupefacenti per conto del clan.
CARUSO Andrea, GAMBADORO Giuseppe e SGROI Alfio avrebbero svolto compiti di esecuzione delle direttive di SALEMI e RUSSO, sia nei rapporti interni al gruppo, sia nei rapporti con altre articolazioni della famiglia mafiosa SANTAPAOLA operanti nel territorio di Catania. Parimenti si sarebbero, a vario titolo, occupati delle attività estorsive e usurarie perpetrate in favore o in nome del clan di Picanello e del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. SGROI sarebbe peraltro risultato braccio destro di SALEMI, fungendo anche da tramite tra quest’ultimo e gli altri sodali o i semplici esecutori delle iniziative criminali del capo, quali ad esempio i pusher delle piazze di spaccio gestite dai clan.
Una delle attività più redditizie del sodalizio sarebbe stata l’erogazione di prestiti a tassi usurari, inseriti in un sistema più ampio di re-investimento dei proventi rinvenienti dal traffico di sostanze stupefacenti, dalle estorsioni e dal gioco d’azzardo. Gli indagati avrebbero inoltre utilizzato metodi mafiosi per minacciare le vittime e garantirsi il pagamento delle rate di capitale e interessi. Dalle evidenze investigative sarebbe emerso un meccanismo collaudato con finanziamenti di piccoli tagli, di norma da 500 a 2.500 euro, da rimborsare in rate settimanali o mensili con un tasso di interesse oscillante tra il 140% e il 350% su base annua.

Uno dei protagonisti di queste attività sarebbe risultato COMIS Nunzio (classe ’83), figlio del boss Giovanni, arrestato dal Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania in flagranza di reato nel 2020 all’atto di riscuotere il pagamento di una rata usuraria da parte di un imprenditore. Per svolgere le attività illecite, COMIS avrebbe utilizzato un telefono aziendale intestato fittiziamente a un’altra persona, facendosi chiamare ‘Melo” durante le conversazioni per evitare di essere facilmente identificato. Inoltre, avrebbe fatto uso di un noto bar situato nel quartiere Picanello come punto di incontro per la riscossione delle rate da parte degli indebitati. Gli importi sarebbero stati consegnati a un soggetto chiamato “Lorenzo”, successivamente identificato compiutamente nell’indagato PANEBIANCO Lorenzo Antonio (classe 2000), all’epoca dipendente del citato bar.
Altri indagati dediti all’attività di usura sarebbero stati individuati in GAMBADORO Giuseppe, SANTONOCITO Corrado (classe ’63) e SANTONOCITO Biagio (classe ’91).

Dalle indagini sarebbe inoltre emersa l’esistenza di una cassa comune del sodalizio in cui far confluire i proventi delle attività illecite e da cui attingere per supportare economicamente gli affiliati detenuti o ex detenuti da poco usciti dal carcere e le relative famiglie, sostenendone pure le spese di viaggio in occasione delle trasferte per i colloqui, erogare gli stipendi, pagare gli onorari degli avvocati difensori degli affiliati stessi, reinvestire in altre attività criminali. Vi sarebbe stata anche una contabilità – chiamata la “carta” – composta da appunti scritti recanti i creditori e debitori del sodalizio nonché i guadagni e le spese sostenute.

Il riciclaggio dei proventi illeciti sarebbe stato infine assicurato da PAPA Fabrizio Giovanni, imprenditore attivo nel settore dell’edilizia, ritenuto particolarmente legato al “gruppo di Picanello” e a SALEMI Carmelo, al quale avrebbe messo a disposizione le proprie società per il riciclaggio di ingenti quantità di contanti provento delle attività criminali del clan, contribuendo a occultarne l’origine delittuosa, e per il successivo reimpiego in attività economiche o finanziarie, essenzialmente nell’edilizia, tramite le medesime imprese a lui riconducibili. E difatti numerosi cantieri avviati dalle società di PAPA sarebbero sorti mediante gli investimenti dei proventi illeciti dell’associazione mafiosa.
PAPA si sarebbe inoltre dimostrato profondo conoscitore delle dinamiche interne dell’organizzazione maflosa e dei loro metodi di gestione delle richieste estorsive nonché della capacità dei boss di comandare anche durante il periodo di detenzione carceraria e del ruolo di “soldati” svolto dai ragazzi più giovani utilizzati nella gestione delle piazze di spaccio. Secondo quanto risulta allo stato, le sue condotte criminali avrebbero pertanto fornito un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento e, comunque, della realizzazione, anche parziale, del programma criminoso dell’associazione mafiosa sotto il profilo della capacità economica, del potere di infiltrazione nel tessuto economico e del controllo del territorio.

Alla luce delle evidenze investigative raccolte dal Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania, sotto la direzione di questa Procura, nell’attuale fase del procedimento in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti, il Gip – su richiesta di questo Ufficio – ha dunque disposto:
– la custodia cautelare in carcere nei confronti di 14 soggetti e gli arresti domiciliari per un indagato, in quanto gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso e delle condotte, aggravate dal metodo mafioso, di usura, estorsione, traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti nonché riciclaggio di denaro nella forma del reimpiego dei proventi illeciti in attività economiche;
– il sequestro, finalizzato alla confisca, di:
• 9 società con sede a Catania, operanti nel settore della costruzione di edifici;
• n. 81 tra fabbricati (n. 64) e terreni (n. 17) siti in provincia di Catania (n. 43) e Arezzo (n. 38);
• 11. 5 autovetture;
• disponibilità finanziarie,
per un valore complessivo di oltre 12 milioni di euro.

PERSONE DESTINATARIE DELLA MISURA DI CUSTODIA IN CARCERE:
1) ALECCI Antonino (detto “Nino”), nato a Catania il 12.10.1962:
2) CARUSO Andrea, nato a Catania il 24.12.198 1;
3) COMIS Nunzio, nato a Catania il 25.09.1983;
4) CONTI Giuseppe, nato a Catania il 07.04.1987;
5) CUFFARI Michele Agatino, nato a Catania il 04.02.1991;
6) DE LUCA Alessandro, nato a Catania il 14.03.1975, inteso “Ale”;
7) GAMBADORO Giuseppe, nato a Catania il 15.10.1983;
8) PAPA Fabrizio Giovanni, nato a Catania il 12.08.1966;
9) RUSSO Giuseppe (detto “il giornalista” o “l’elegante”), nato a Catania il 27.07.1976;
10) SALEMI Carmelo (detto “Melo”), nato a Catania 1′ 1.0 1.1969;
11) SANTONOCITO Biagio, nato a Catania il 27.10.1991;
12) SANTONOCITO Corrado, nato a Catania il 05.08.1963;
13) SGROI Alfio, nato a Catania il 25.11.1970;
14) TROPEA Salvatore Alberto, nato a Catania il 07.04.1990.
PERSONE DESTINATARIE DELLA MISURA DEGLI ARRESTI DOMICILIARI:
15) PANEBIANCO Lorenzo Antonio, nato a Catania il 13.06.2000.

SOCIETÀ SOTTOPOSTE A SEQUESTRO:
1) KARMA IMMOBILIARE S.R.L. con sede in Catania, via Galati 124;
2) FABRI IMMOBILIARE S.R.L., con sede legale in Catania, via Faraci nr. 15;
3) P.F. COSTRUZIONI SOC. COOP., con sede legale in Catania, via Faraci nr. 15;
4) P.F. COSTRUZIONI S.R.L., con sede legale in Catania, viale Lorenzo Bolano nr.45;
5) B.F. COSTRUZIONI S.R.L., con sede in Catania in viale Lorenzo Bolano nr.45;
6) NUOVA EDILIZIA S.R.L., con sede legale in Catania, via De Caro nr. 88;
7) V.R.S. IMMOBILIARE S.R.L., con sede legale in Catania, via Galatioto nr.105/A;
8) IMMOBILIARE SANTA LUCIA S.R.L., con sede legale in Catania, via F. De Amicis nr. 4;
9) AL GARDEN SALEMI S.R.L.S., con sede legale in Catania, via del Rotolo n. 11.