Relazione del Tdm sulla base delle segnalazioni degli utenti

Il Tribunale per i diritti del malato nella relazione annuale sull’attività svolta evidenzia i problemi segnalati dagli utenti dell’ospedale Giovanni Paolo II. Settanta le segnalazioni pervenute presso il punto di ascolto del Tdm presso la struttura ospedaliera. Ecco nel dettaglio le criticità evidenziate:

SERVIZI DI SPECIALISTICA ESTERNALIZZATI Molti dei servizi di specialistica d’ottima qualità che l’ospedale offriva al territorio e che richiamavano utenza da fuori distretto, sono stati interrotti o ridimensionati comportando difficoltà e disagi a quanti ne usufruivano. Ci riferiamo in particolare al servizio della cura del dolore, alla diabetologia, all’angiologia, all’otorino. La sospensione dei primi due, poco presenti nel territorio, ha costretto quanti ne usufruivano a ricorrere alla sanità privata non convenzionata.

AMBIENTI E CONFORT ALBERGHIERO La trascuratezza degli ambienti con la presenza di pavimenti sconnessi in quasi in tutti i reparti e in tutti i corridoi, la mancanza spesso di biancheria, di carta igienica, sapone e carta per asciugamano in alcune unità operative. e infine l’insufficiente o non esistente segnaletica, in particolare quella orizzontale degli spazi esterni, hanno danneggiato non poco l’immagine del nostro ospedale. Inoltre la conformazione variegata della struttura ospedaliera con la presenza di numerosi ingressi non controllati mette a rischio la sicurezza degli utenti specialmente nelle ore notturne. Infine si rende necessario non trascurare la disinfestazione dei sotterranei del nosocomio che per vari motivi vengono spesso allagati rendendoli luogo privilegiato per la proliferazione delle zanzare.

BANCA DEL CORDONE OMBELICALE Riteniamo che non aver sostenuto sufficientemente il processo di recupero della Banca del Cordone Ombelicale di Sciacca è stato un errore da parte del manager Salvatore Olivieri, che doveva intervenire presso l’assessorato per far assumere alla Regione la responsabilità di riattivare la Banca con fondi regionali non intaccando le risorse economiche dell’ASP sostenendo che la banca del Cordone Ombelicale non appartiene a Sciacca ma dovrebbe essere un fiore all’occhiello di tutta la Sicilia poiché la sola esistente di tutta l’Italia meridionale e ricordiamo era la prima in Europa e la seconda in tutto il mondo per numero di cordoni raccolti. Pensiamo che la Banca cordonale di Sciacca debba essere presa in carico dalle istituzioni sanitarie regionali utilizzando tutti gli strumenti a disposizione per renderla attiva ed efficiente come lo è stata nel passato. Si tratta, oltre che di una difesa del diritto del malato, di un principio d’orgoglio e di prestigio per la Sicilia.

VITTO Il vitto, della cui commissione fa parte un componente del Tdm, è di ottima qualità con un’ottima mensa aperta ai sanitari e ai familiari dei degenti. Purtroppo, il menù per la scelta dei cibi troppo spesso non viene fornito ai ricoverati con la conseguenza che vengono offerti cibi non graditi all’ammalato. Questo comporta un giudizio negativo del vitto con uno spreco di cibo che spesso viene rifiutato.

CONSENSO INFORMATO E ABORTO TERAPEUTICO Avevamo ricevuto alcune segnalazioni di donne che erano ricorse all’aborto terapeutico e che lamentavano di non essere state informate adeguatamente sui rischi sia fisici sia psichici dell’aborto terapeutico. Da una nostra indagine è emerso che nell’U.O. d’Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Sciacca vengono effettuati moltissimi degli aborti terapeutici della nostra provincia ma vengono trattati anche casi di utenti provenienti da altre province. Abbiamo richiesto e ottenuto un incontro con il dirigente medico dell’UO. Dott. Incandela e con il medico non obiettore e dopo un’interessante discussione siamo venuti alla conclusione che i tempi che il medico aveva per informare le donne era limitato e spesso non sufficiente a dare loro la consapevolezza dei rischi a cui andavano incontro, inoltre era plausibile che le donne al momento del colloquio si trovavano, a causa del particolare stato psichico ed emozionale, poco preparate a percepire bene quello che veniva loro spiegato. Per ovviare a tutto ciò ed assicurare un più efficace “consenso informato” abbiamo proposto ai sanitari dell’U.O., che lo hanno condiviso, di attivare un servizio d’informazione e d’accoglienza per le donne che richiedevano l’aborto terapeutico. L’incontro con le donne che avevano programmato un aborto terapeutico, sarebbe avvenuto in un giorno prestabilito alla presenza del medico, dell’assistente sociale dell’ospedale e con il supporto di associazioni di volontariato e in quella sede si sarebbe dovuto fornire informazioni dettagliate sui rischi dell’aborto procurato come previsto dalla legge, ma facendo seguire al colloqui la consegna del foglio del consenso informato da portare a casa per poterlo consultare con calma nei dieci giorni di riflessione che la legge prevede. Abbiamo fatto per iscritto tale proposta alla dirigenza Olivieri, ma purtroppo non c’è stata data nessuna risposta né positiva né negativa. Torneremo a riproporlo al nuovo manager e speriamo che sia più aperto e disponibile ai nostri suggerimenti.

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