“IL SAMONA’ NON E’ PIU’ UN CORPO ESANIME”

di Giuseppe Di Giovanna

Ero un giovane ingegnere appena laureato quando, con curiosità ed emozione, mi affacciai dal belvedere della Villa Comunale per osservare la messa in opera, con enormi gru, degli immensi portali in acciaio della sala principale del Samoná. Erano tempi diversi e le promesse di un futuro speciale per la Città di Sciacca ebbero ben presto ragione delle prime polemiche per la scelta del sito, chiaramente inadeguato, troppo angusto, per quell’immenso gigante che veniva incastrato fra il complesso liberty delle Terme e l’austera mole del San Francesco.

Sono passati quaranta lunghi anni e tutti sappiamo com’è andata a finire e quanto speciale è quel futuro in cui oggi ci troviamo. Una economia distrutta, con le Terme chiuse e con un mondo politico che, nel suo complesso, riesce solo ad autorefenziarsi per garantire la sopravvivenza dei suoi privilegi di casta, senza riuscire a trovare soluzioni utili. Nel frattempo le polemiche si sono moltiplicate, e non poteva che essere così, alcune sicuramente condivisibili, altre estreme e paradossali, come la proposta provocatoria di Werner Herzog di farlo esplodere, in un finale degno di “Aguirre, il furore di Dio”.

Certo è che quell’immenso oggetto inerte non è mai stato accettato dagli sciacchitani, che l’hanno sempre visto come un corpo estraneo, come un bubbone di una qualche esotica malattia. La notizia, in questo contesto, della provvisoria apertura del Teatro Samoná, per iniziativa del Rotary, mi è subito parsa inopportuna, visti i tempi che stiamo vivendo. È quindi con curiosità, e una malcelata diffidenza, che mi sono recato al Samoná per vedere cosa stava succedendo. Non sono mai stato innamorato delle mie idee e sono sempre stato pronto a metterle alla dura prova dei fatti.

Quello che ho visto, visitando la struttura nei tre giorni del congresso e presenziando al concerto delle 21 di domenica, mi ha colpito profondamente. L’immenso corpo esanime, che pareva malamente spiaggiato sulla rupe di Cammordino da una qualche immane tempesta, dopo quaranta anni ha esalato un respiro, ha fatto sentire per la prima volta la sua voce. Ero prevenuto, confesso che mi ha stupito e frastornato. Il suo respiro non è stato il lamento di un morente, ma la voce possente di un gigante. Il teatro, finalmente con un alito di vita, non è solo bello, mostra qualcosa di più. Ha un suo stile inconfondibile, l’acustica è veramente ottima e la sensazione che si prova a star seduti in sala ad ascoltare un concerto ti fa capire che è veramente un cavallo di razza e non il solito ronzino. Sciacca, in questi tre giorni, riempita dai congressisti che hanno invaso i bed and breakfasf del centro storico, è stata percorsa da un brivido di vita che tanti alberghi sparsi nel suo litorale non hanno mai saputo darle. Bravi il Rotary ed il suo governatore, che hanno fatto alla città un regalo immenso, mostrandole cosa è possibile fare anche nei momenti più bui, superando le kafkiane barriere burocratiche della regione e donando a tutti noi un momento di speranza. Bravo il Sindaco che ci ha accolti al Samonà con la frase più bella :“Benvenuti a casa vostra”. Penso che sia giunto il momento, per noi sciacchitani, di sotterrare le asce di guerra e le infinite ed infinitamente giustificabili polemiche che hanno accompagnato la storia di questi ultimi quarant’anni e di sfoderare, una volta tanto, un sano orgoglio. Prendiamo atto che quel Coso sulla Rupe di Cammordino non è più un rudere inutile, ma un pezzo vivo della nostra città, sia pure con i tanti interrogativi che noi ci poniamo e con i quasi insormontabili problemi che esso sicuramente ci porrà. Non sarà certo facile completarlo e tenerlo in vita, ma il Samoná è vivo.

 

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