MA QUEL SORRISO NON E’ NATURALE, CARO MASSIMO

Il sindaco è così, caro Massimo, e immaginarlo diverso significa farlo arrampicare sugli specchi

EDITORIALE

Chiedere a Vito Bono di sorridere (cosa che gli ho suggerito parecchie volte) è impresa assai ardua. Il sindaco è così, e nulla può farlo cambiare. Il sindacalista Massimo Raso, rimescolando la memoria, ha esortato Vito Bono a sorridere come nel manifesto elettorale. E’ un desiderio, quello di Massimo, che tale rimarrà ed è spinto dalle emozioni che ancora riescono a dare carica al sindacalista. Tra il dire e il fare però, caro Massimo, c’è di mezzo il mare. Anzi, l’oceano. Ciò che tu auspichi, è un improbabile cambio di passo del sindaco.

E’ qui il nocciolo della questione, caro Massimo, e cioè il sindaco è privo di una cultura politica. Da sempre. Dovresti rammentarlo, caro amico, e per aiutare la tua memoria ti ricordo quando l’attuale sindaco sedeva tra i banchi dei consiglieri comunali e rimarcava, con orgoglio, di essere “indipendente”. Anzi, caro Massimo, teneva a precisare con il Pd (o altre sigle precedenti del partito di Berlinguer) distanza e autonomia. Immaginare che il sindaco possa incanalare la sua azione sul solco della politica quando la sua cultura è apolitica, mi sembra come farlo arrampicare sugli specchi.

Ti ricordo ancora l’imposizione di far partecipare il Pd alla competizione elettorale senza la propria bandiera, quella che porta con sé storia importante nella crescita dell’Italia e nella conquista di lotte a difesa dei deboli.

E ancora. Tu chiedi al sindaco di avere coraggio politico. Riesci a farmi un esempio di “ardimento” nell’esperienza sindacale di Vito? Mi ricordo, invece, quella famosa sera quando in Consiglio comunale fu messo all’angolo dall’opposizione (cosa normale) e dalla sua maggioranza (cosa anormale). Bene, caro Massimo, un esempio di ardimento politico da te auspicato sarebbe stato quello di azzerare, seduta stante, la giunta, mettere i “pezzi di partito” (come ami citare tu) da parte, e mettere su una squadra davvero autonoma, capace di imporre quel cambio di passo che, ahinoi, caro Massimo non avverrà mai.

Non è certo “ardimento” quello dimostrato in questi giorni nell’aver spalmato le deleghe dell’ex assessore Leonte a Brunetto, Vecchio e Fazio. Dapprima raccomanda i partiti della maggioranza a decidere presto, avocando a se le deleghe. Dopo qualche ora, senza consultare nessuno, le spalma. Ma che senso ha, caro Massimo, me lo spieghi? Anziché sollecitare la soluzione, trova una soluzione (senza senso) che, di fatto, crea ulteriore stallo politico.

Vedi, caro Massimo, in termini calcistici al sindaco mancano i fondamentali della politica. Nei tuoi desideri, invece, immagini che il sindaco, come Cenerentola, si trasformi. Non basta allargare la bocca per replicare quel sorriso del manifesto elettorale. Non basta suggerirgli di “parlare con la gente”. No, caro Massimo, Vito Bono da sindaco è quel che è, quel che ha dimostrato nell’oltre metà del cammino sindacale. Bisognerebbe, invece, riflettere seriamente come evitare di far precipitare la città ancora più giù. Un ultima cosa, Massimo.

Alla prossima tornata elettorale, il Corriere di Sciacca si farà promotore di un’iniziativa: far sottoscrivere, pubblicamente, ai candidati la presa visione del bilancio e dello stato finanziario della Città. Ciò per evitare quell’odioso ritornello “soddi nun ci nnè”. Amministrare significa avere coraggio, avere visione politica, avere capacità amministrativa, avere fantasia. E dire, caro Massimo, che proprio sotto la bandiera politica che è stata nascosta sotto campagna elettorale ci sono persone davvero in gamba. Vedi, caro Massimo, ambedue auspichiamo la stessa cosa per il bene della Città.

Ma amarla significa anche non costringerla in una deleteria agonia.

Con stima e affetto, caro Massimo.

Filippo Cardinale

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