ARS, CGA RESPINGE RICORSO TOTO’ CASCIO CONTRO ELEZIONE MANGIACAVALLO E DI CARO

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha respinto il ricorso proposto da Salvatore Cascio nei confronti di Matteo Mangiacavallo e Giovanni Di Caro, per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia concernente l’elezione dei due al parlamento dell’Assemblea Regionale Siciliana. 

Cascio, candidato nella circoscrizione elettorale di Agrigento per la lista “PDR – Sicilia Futura – PSI – Micari Presidente”, si appellava alla legge Severino e aveva richiesto l’annullamento dellatto di proclamazione dell’Ufficio Centrale circoscrizionale di Agrigento nella parte in cui sono stati proclamati eletti alla carica di Deputato Regionale i due candidati della lista “Movimento 5 Stelle”. L’ex deputato, oggi direttore sanitario a Ribera, era rimasto fuori dall’Ars nonostante gli oltre 5 mila voti ottenuti e il “primo posto” nella lista del movimento di Cardinale. Dopo l’elezione tanti altri ricorsi analoghi vennero fatti in Sicilia dagli esclusi.

In particolare, si contestava la parte in cui sono stati attribuiti voti alla lista “Movimento 5 Stelle”, atteso che tutti i candidati di tale lista non hanno presentato unitamente alla dichiarazione di accettazione della candidatura la esplicita dichiarazione di non essere in alcuna delle condizioni ostative alla candidabilità.
La controversia era imperniata sulla tesi che i candidati delle liste controinteressate, ivi compresi quelli poi dichiarati eletti, avrebbero dovuto essere esclusi prima della competizione elettorale a prescindere da una loro effettiva posizione di incandidabilità, per non aver dichiarato di non trovarsi nelle condizioni di incandidabilità. Secondo il ricorrente, tale dichiarazione era da considerare come totale omissione dell’assolvimento dell’onere dichiarativo incombente ai candidati.

Dai controlli effettuati, successivamente allo svolgimento delle elezioni, non erano emerse cause di incandidabilità. Oggi, secondo quanto si legge nella sentenza del Cga, l’appello è infondato in quanto sulle medesime questioni lo stesso tribunale si era recentemente espresso in altre sentenza in senso contrario alle tesi dell’appellante. Non ci sarebbe in sostanza una “mancanza assoluta” della dichiarazione, ma di avvenuta produzione di una dichiarazione non perfettamente conforme alla prescrizione legislativa. L’integrazione effettuata successivamente avrebbe condotto alla dimostrazione della sussistenza dei requisiti morali in capo agli eletti.

Giuseppe Recca