Appalti e tangenti a Licata, il denaro rimane sequestrato

Il «tesoretto» frutto del blitz «Appalti e tangenti» rimane sequestrato. Lo ha stabilito il tribunale del Riesame. Si tratta di circa 250 mila euro
AGRIGENTO- Il denaro era stato sequestrato, poi dissequestrato e successivamente sequestrato dai pm della Procura di Agrigento. Soldi rinvenuti nelle abitazioni di alcuni degli indagati quando scattò il blitz. E’ stato accolto il ricorso presentato dall’ingegnere Vittorio Giarratana, ex dirigente del comune di Ravanusa ed ex capo dell’Ufficio tecnico di Valguarnera. Nella sua abitazione vennero rinvenuti 50 mila euro in contanti. Il suo legale, l’avvocato Diego Giarratana, ha sostenuto che non esisterebbero prove che quel denaro fosse di provenienza illecita. L’operazione, che ha fatto clamore in provincia, su eseguita lo scorso 15 maggio dalla squadra squadra mobile di Agrigento quando sequestrò 17.850 euro a Sebastiano Alesci, 7.900 euro a Diego Caramazza, 35 mila euro a Federica Caramazza, 8.400 euro a Maurizio Falzone, 50.700 euro a Vittorio Giarratana e 188.800 euro a Carmela Moscato. Per gli inquirenti, il sequestro preventivo delle somme rinvenute è motivato al «pericolo che la libera disponibilità da parte degli indagati del denaro, possa da un lato aggravare o protrarre le conseguenze del reato, con la commissione di ulteriori fatti di corruzione, e per commettere ulteriori reati contro la pubblica amministrazione, ma soprattutto”, spiegano i pm. ” tenuto conto che non sono state fornite giustificazioni del possesso di tali somme di denaro in contanti al momento del sequestro e neanche successivamente, in quanto gli indagati potrebbero sottrarre il denaro rinvenuto, riutilizzare e reinvestire le somme in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza illecita, eludendo in tal modo la confisca obbligatoria del denaro costituente corpo del reato e prezzo o profitto della corruzione e della ricettazione per la quale si procede». Intanto, gli indagati colpiti da misure cautelari sono tornati in libertà, tranne Sebastiano Alesci che rimane ai domiciliari. L’inchiesta, nei giorni scorsi, ha coinvolto anche l’assessore del Comune di Licata, Maria Sitibondo che si è dimessa dalla carica. Su di lei pende l’obbligo di dimora, con divieto di uscita dalle 20 alle 7. A lei, insieme al superburocrate Sebastiano Alesci, viene contestata una presunta pressione indebita per la selezione delle imprese da far lavorare per la realizzazione di un complesso turistico di lusso a Licata. Una vera e propria associazione a delinquere, secondo la procura, che avrebbe operato in tutto il territorio Agrigentino, in lungo e in largo, per mettere le mani su alcuni appalti