Aica, Turturici: “Con un ambito territoriale così vasto è impossibile gestire il servizio idrico”

L’ex sindaco Mario Turturici è convinto di due cose. La prima è l’impossibilità di gestione del servizio idrico in un ambito territoriale così vasto come il nostro. La seconda risiede nella occasione perduta di gestire in house il servizio idrico

SCIACCA- Nella nostra intervista all’ex sindaco Mario Turturici, appare evidente la improbabile soluzione delle criticità che sono emerse nella gestione del servizio idrico integrato nella nostra provincia da parte dell’Aica, una società pubblica nate male e ora in piena crisi finanziaria e organizzativa. Del resto, è stato il neo assessore ai servizi a rete, Alessandro Curreri, ad affermare che Aica si trova “con l’acqua alla gola”.

Dottore Turturici, come interpreta questa affermazione?
“La dichiarazione dell’assessore conferma una situazione che purtroppo è drammatica, e avvalora le perplessità manifestate quando si è deciso di creare AICA. La società è stata costituita senza un piano industriale adeguato e con un capitale sociale irrisorio, il che ha fin dall’inizio reso difficile la gestione. Oggi, la situazione è sicuramente peggiorata”.

Secondo lei, quali sono le motivazioni che rendono così complesso il servizio?
“Il problema risiede principalmente nell’ampiezza dell’ambito territoriale. Un ambito così vasto rende il servizio difficilmente gestibile, soprattutto in un contesto in cui i costi di manutenzione e gestione sono elevati. Purtroppo, la grandezza dell’ambito non è stata accompagnata da un’adeguata progettazione, né da un piano economico che ne garantisse la sostenibilità”.

A proposito di gestori, in passato lei aveva proposto una gestione autonoma per Sciacca. Può spiegare di cosa si trattava?
“La proposta che avevamo avanzato prevedeva la creazione di una società patrimoniale, che ci avrebbe consentito di gestire direttamente la rete idrica e fognaria. All’epoca, le gare erano andate deserte e non era stato ancora individuato un gestore provinciale, il che ci dava l’opportunità di avviare una gestione autonoma. Purtroppo, la proposta fu bocciata dal consiglio comunale, e con essa, si perse una grande occasione per Sciacca”.

L’assessore ha anche dichiarato che si sta pensando di trasformare AICA in una società per azioni. Cosa ne pensa?
“La trasformazione in società per azioni cambierebbe l’abito della società, ma rischia di non risolvere i problemi strutturali se non c’è una chiara visione di dove si vuole andare. Cambiare la forma giuridica non basta se non ci sono progetti concreti e obiettivi chiari. Se l’obiettivo è coinvolgere un privato nella gestione, allora bisogna dirlo chiaramente ai cittadini, senza ambiguità. A quel punto, però, dovrebbero esserci garanzie per assicurare un servizio efficiente e con costi sostenibili per la collettività”.

Potrebbe essere preludio per l’ingresso di un privato nella gestione del servizio?
“Se si trasforma AICA in una società per azioni, c’è il rischio che il pacchetto azionario possa essere ceduto a un privato, ma questa è una decisione che dovrebbe essere presa dalle istituzioni che gestiscono il processo. È importante che la politica sia chiara e trasparente su queste scelte, e che si spieghi alla cittadinanza se e perché si vuole affidare il servizio a un privato”.

In cosa propone di intervenire per migliorare la situazione?
“La soluzione va cercata sul piano legislativo, con una riforma degli ambiti territoriali. Ambiti troppo ampi sono difficili da gestire, e ciò rende praticamente impossibile avere un servizio efficiente. Propongo di ridurre le dimensioni degli ambiti, creando unità più piccole e sostenibili, che possano essere gestite più facilmente sul piano finanziario. È fondamentale che ogni comune possa avere il controllo di un servizio essenziale come quello idrico”.

Quindi lei sostiene che l’attuale ambito territoriale non sia ottimale?
“Esattamente. L’attuale configurazione dell’ambito territoriale di Agrigento è troppo vasta e difficile da gestire in modo efficiente. La realtà è che, se non si rivede questa impostazione, i problemi continueranno a peggiorare. Se vogliamo un servizio che funzioni, bisogna ripensare la suddivisione territoriale, riducendo gli ambiti a dimensioni più gestibili e creando condizioni per una gestione efficiente e sostenibile”.

E per quanto riguarda la tariffa del servizio?
“Il sistema tariffario attuale è piuttosto perverso. Tutti i costi del servizio, infatti, vengono addebitati direttamente agli utenti, il che porta ad un aumento della tariffa ogni volta che i costi di gestione crescono. Il paradosso è che, nelle regioni dove le necessità di manutenzione sono minori, le tariffe sono più basse, mentre da noi, dove il servizio è più complicato e costoso da gestire, le tariffe continuano a salire. Così, ci troviamo con un servizio più scarso e una bolletta più alta. Non possiamo continuare con questo sistema”.

Qual è il rischio maggiore che si corre in questo momento?
“Il rischio maggiore è che ci si abitui a questa situazione, proprio come è successo in altre città. Oggi, in molte zone della città, la prima domanda che i cittadini si pongono al risveglio è: “È arrivata l’acqua?”. Questo è un segnale che la situazione è arrivata al capolinea. Non è normale che ci siano intere zone della città dove l’acqua manca da 15 giorni. È chiaro che non si tratta solo di un problema legato alla siccità, ma di guasti strutturali che non vengono riparati in tempo. In più, la manutenzione delle condotte è carente e le perdite non vengono sistemate tempestivamente. Questo crea anche disagi come quelli che si vedono in via Ghezzi, dove le condizioni di sicurezza sono precarie. Non possiamo più continuare così. Occorre trovare soluzioni alternative, perché questa situazione è insostenibile”.

Cosa auspica per il futuro?
“Auspico che le istituzioni intervengano con urgenza, rivedendo la legge sugli ambiti e creando delle unità territoriali più piccole e gestibili. La politica deve smettere con i populismi e guardare la realtà. Bisogna pensare a una gestione che sia realmente efficiente, sia essa pubblica o privata, e che sia in grado di garantire un servizio dignitoso ai cittadini, con tariffe sostenibili. Se i comuni non hanno i soldi per gestire le reti o finanziare una società, è chiaro che bisogna cercare soluzioni alternative, con la massima trasparenza. La gestione del servizio idrico è troppo importante per essere trattata con leggerezza”.