Finziade - Fonte:Archivio interno
Nel cuore della Sicilia, tra i resti dell’antica Finziade, è stata fatta una scoperta che ha portato alla luce dopo 2000 anni un reperto che unisce mito, arte e riti ancestrali.
Le civiltà antiche hanno lasciato impronte indelebili, frammenti di memoria che parlano di riti, credenze e visioni del mondo. Alcune scoperte affascinano per la loro bellezza, altre inquietano per il loro simbolismo. Ma tutte ci spingono a fare i conti con ciò che pensavamo di sapere.
Il lavoro degli archeologi è una continua esplorazione del tempo: ogni oggetto riportato alla luce è un indizio che può riscrivere la nostra comprensione del passato. E quando il ritrovamento si lega a una figura mitologica, il confine tra realtà e leggenda si fa sottile, evocativo, magnetico.
Nel territorio siciliano, tra i resti di un’antica città dimenticata chiamata Finziade, è stata rinvenuta una matrice in terracotta raffigurante il volto di Medusa, la Gorgone del mito greco capace di pietrificare chiunque osasse guardarla.
Datata alla fine della Repubblica romana (133-131 a.C.), questa matrice non era un semplice oggetto decorativo, ma uno stampo per la produzione di maschere o elementi rituali. Il ritrovamento rafforza l’idea che Finziade fosse un centro attivo nella produzione artistica e religiosa del tempo.
Medusa, con i suoi serpenti intrecciati e lo sguardo terrificante, era considerata un simbolo apotropaico, ovvero capace di allontanare il male. La sua immagine veniva usata per proteggere luoghi, persone e oggetti sacri.
Medusa non è solo una figura del mito, ma un simbolo complesso che ha attraversato i secoli. Una delle tre Gorgoni, secondo la mitologia greca fu punita da Atena e trasformata in un mostro, capace di pietrificare con lo sguardo. Solo l’eroe Perseo, con l’aiuto di uno scudo riflettente, riuscì a decapitarla.
La sua testa, però, divenne strumento di protezione, scolpita su scudi e templi, impressa su monete, incisa sulle pareti di tombe e altari. Il volto di Medusa rappresentava ambivalenza pura: insieme bellezza e terrore, seduzione e minaccia, morte e potere. In epoca romana, la sua figura veniva reinterpretata in chiave magico-protettiva. Il ritrovamento della matrice a Finziade conferma quanto l’iconografia medusea fosse radicata e diffusa, non solo come ornamento ma anche come strumento rituale e culturale.
L’oggetto è emerso proprio nei pressi dell’antica Finziade, colonia greca successivamente romanizzata, oggi poco conosciuta ma di grande interesse archeologico. Questo ritrovamento rappresenta una finestra aperta su un mondo perduto, ma ancora in grado di sorprenderci.
Gli studiosi ipotizzano che la matrice potesse essere usata per creare maschere teatrali, elementi architettonici o oggetti votivi. Ma resta il mistero: perché proprio Medusa? A quale scopo preciso era destinato questo volto così potente e carico di significato?
Il fascino di questa scoperta non risiede solo nella sua antichità, ma nella sua attualità simbolica. Medusa continua a ispirare arte, letteratura, cinema. È diventata negli anni anche emblema di ribellione e femminilità, una figura che sfida lo sguardo e il potere maschile, ma al tempo stesso incarna la paura ancestrale dell’ignoto.
Il ritrovamento a Finziade ci ricorda che il passato non è mai davvero sepolto. Rimane sotto i nostri piedi, nelle pieghe del tempo, pronto a riaffiorare con tutta la sua forza evocativa.E mentre gli archeologi continuano a scavare, Medusa ci guarda ancora, con quel volto che pietrifica e seduce, suggerendo che alcuni misteri antichi non smettono mai di parlarci.
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