SACCENSE FU INFETTATO PER UNA TRASFUSIONE, LA CASSAZIONE RIGETTA RICORSO DELLA REGIONE. MAXI RISARCIMENTO

La Cassazione ha definitivamente chiuso un vecchio contenzioso, iniziato diversi anni fa, e ha rigettato il ricorso della Regione. Con la decisione della Cassazione si dà il via a un risarcimento di 1.8 milioni di euro lo sfortunato paziente, ventinovenne di Sciacca. Contrasse l’epatite quando era giovanissimo, all’età di sette anni, e poi il cancro. Il tutto a causa di una trasfusione con sangue infetto. La vicenda risale al 1989, anno di nascita del giovane, nato nell’ospedale di Sciacca e poi, per complicazioni post partum, trasferito a Palermo per essere sottoposto a trasfusione di sangue all’ospedale “Ingrassia” di Palermo. Sangue, poi, rivelatosi infetto.

La terza sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’assessorato regionale alla Salute , e quindi viene confermata, la condanna al maxi risarcimento. Lo sfortunato paziente  stato assistito dagli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello.

In prima battuta, il Tribunale aveva sentenziato un risarcimento complessivo di circa 950 mila euro. Sia la Regione che il giovane avevano impugnato la sentenza e la Corte di appello ha sancito un risarcimento raddoppiato, vale a dire a 1,8 milioni di euro. Poi il ricorso in Cassazione che ha rigettato l’ultimo ricorso avanzato dall’assessorato alla Salute.

A sette anni, al piccolo paziente veniva diagnosticata la positività del virus dell’epatite C e a soli diciassette anni un epatocarcinoma al fegato. I genitori del giovane saccense si sono rivolti agli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello e hanno iniziato il percorso giudiziario, una causa civile contro l’assessorato alla Salute della Regione siciliana, tenuto a pagare i debiti dell’ospedale in cui era avvenuto il contagio con sangue infetto, ritenuto responsabile di avere omesso ogni controllo, all’epoca previsti dalla legge, sulle sacche di sangue trasfuse e di avere effettuato le trasfusioni.

Nel dicembre del 2009, il  tribunale di Palermo condannava l’assessorato alla Salute della Regione siciliana a risarcire la somma di 950.000 euro, in favore del giovane, riconoscendo ai genitori 150.000 euro ciascuno a titolo di danni morali e 100.000 euro in favore del fratello. Il tribunale, però, non ha riconosciuto, anche se richiesti, gli interessi e la rivalutazione monetaria dal momento del contagio.

Contro la sentenza, l’assessorato alla Salute, assistito dall’Avvocatura di Stato, ha proposto appello sostenendo che all’epoca dei fatti non era prevista l’acquisizione del consenso informato e che comunque le trasfusioni erano state effettuate in urgenza. Chiedeva, inoltre, che in ogni caso dalle somme riconosciute andava scomputato l’indennizzo che era già stato corrisposto dal ministero della Salute per il contagio, in forza di una legge del 1992. La sentenza è stata impugnata anche dal giovane danneggiato, per ottenere gli interessi e la rivalutazione monetaria non concessa dal tribunale, nonché la liquidazione del danno secondo le tabelle del Tribunale di Milano in quanto più favorevoli. La Corte di appello ha, in seguito, accolto le sue richieste e, infine, la Cassazione ha chiuso il caso sancendo un risarcimento di 1,8 milioni di euro.