Otto giorni di tensione, poi la formula veltroniana aiuta a trovare il punto di equilibrio

Dopo i tredici giorni che sconvolsero il mondo con la crisi di Cuba che piazzò i missili sovietici contro gli Stati Uniti d’America, a Sciacca abbiamo vissuto gli otto giorni che hanno sconvolto il Pd. Otto giorni iniziati con la sconfessione dell’intervento di Simone Di Paola nel corso della scorsa seduta consiliare da parte del gruppo consiliare del Pd, ad eccezione di Enzo Sabella. Poi l’annuncio delle dimissioni di Simone Di Paola.

L’inizio di una settimana di massima tensione con una crisi interna del Pd che ha calamitato l’intervento anche di deputati. Simone Di Paola era deciso a dimettersi. Non aveva, giustamente, digerito la nota diramata dal gruppo consiliare Pd (che Enzo Sabella non aveva condiviso. Una nota durissima, certamente intempestiva e inopportuna, che aveva colpito Di Paola nella sfera della libertà di esprimere una esigenza avvertita dal ruolo dell’opposizione divenuta, nel frattempo, maggioranza in aula consiliare.

Otto giorni di riunioni, di pressioni, per trovare un punto di equilibrio e che scongiurasse l’esplodere del missile di Di Paola lanciato con le dimissioni.

Alla fine, si è trovata la formula veltroniana, il famoso “ma anche”. Nella nota diramata oggi, il Pd si dichiara “alternativo al centrodestra”, ma anche “pronto a dare il proprio apporto qualora lo richieda il bene di Sciacca”.

Il Pd ha criticato Simone Di Paola per la sua libertà di esprimere il pensiero, ma lo apprezza “anche per l’impegno e la passione che da sempre hanno caratterizzato la sua azione politica”. Alla fine vissero felici e contenti.

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