Secondo i magistrati inquirenti, tutti avrebbero fatto parte di una rete di complicità tale da aver consentito a Girgenti Acque di gestire il servizio al riparo da penali, contestazioni e problemi di altra natura.
I lavori “storici” di cui ha parlato il sindaco di Agrigento Lillo Firetto giorni fa ha fatto scattare il dubbio ai magistrati. Assegnare un lavoro di 31 milioni di euro senza alcuna evidenza pubblica? I magistrati lavorano su una pista che, secondo loro, sarebbe stata la fase iniziale per mettere su una vera e propria organizzazione a delinquere della quale avrebbe fatto parte persino il prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, rimosso dal consiglio dei ministri qualche giorno dopo avere ricevuto l’avviso di proroga delle indagini preliminari dalla Procura che ipotizza anche a suo carico i reati di associazione a delinquere finalizzata a corruzione, ricettazione e falso in bilancio.
Secondo i pm, Girgenti Acque, avrebbe beneficiato di una rete di complicità a tutti i livelli professionali e istituzionali grazie all’enorme numero di assunzioni che per molti anni sarebbe stato a beneficio di familiari e amici di politici e professionisti in grado di garantire impunità al colosso imprenditoriale che gestisce il servizio idrico.
Per gli inquirenti, vari sindaci e politici avrebbero invece omesso di esercitare i loro poteri di controllo, oppure addirittura evitato di riscuotere crediti dei comuni che amministravano, in cambio – anche in questo caso – di posti di lavoro, consulenze o incarichi.
Sotto la lente di ingrandimento della Procura di Agrigento c’è la convenzione del 2008.