PALERMO- Le microspie al centro del lavoro investigativo per captare i dialoghi dei familiari. Circa tre mesi fa i parenti di Matteo Messina Denaro iniziano a discutere di qualcuno che sta male. I carabinieri del Ros sono allenati per capire anche ciò che non si dice.
Gli investigatori analizzano i dati delle persone in cura per malattie oncologiche in Sicilia. Si scopre che c’è un soggetto sessantenne che è stato sottoposto ad un intervento chirurgico alla clinica La Maddalena di Palermo. Ha una grave patologia al colon.
Non è il primo intervento. Matteo Messina Denaro aveva già subito un primo intervento. Probabilmente all’Abele Ajello di Mazara del Vallo. Gli investigatori sanno che stamane è previsto che il paziente esegua alcune analisi propedeutiche all’inizio di un ciclo di chemioterapia.
Qualcun altro, dunque, è andato in clinica. La notte scorsa i militari, coordinati dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido, organizzano un imponente ma silenzioso sistema di controllo in clinica.
Messina Denaro si muove in macchina dalla provincia trapanese. Al volante c’è Giovanni Luppino. Arriva nella struttura nel quartiere San Lorenzo. Quando con il documento si registra all’accettazione scatta l’alert. Intervengono i carabinieri. Lo circondano, il padrino sembra volersi allontanare. Il suo è uno scatto nervoso, nulla di più. Capisce subito di non avere via d’uscita. Un carabiniere gli chiede come si chiama, lui risponde “Matteo Messina Denaro”.
Finisce la sua latitanza. I carabinieri stanno perquisendo la macchina e una serie di immobili. Il latitante si trovava in Sicilia certamente da diversi mesi.