CONSIGLIO COMUNALE, SEMPRE PIU’ SCONOSCIUTO E LITIGIOSO E IN CADUTA LIBERA

Il Consiglio comunale è la massima espressione del dibattito che interessa lo svolgimento dei temi che riguardano la città. Lì siedono i rappresentanti del popolo, i consiglieri comunali che hanno ricevuto il mandato elettorale per fare da cassa di risonanza alle tematiche che devono snodarsi sul solco dello sviluppo della città. Ma cosa è diventato il civico consesso? Intanto, dal punto di vista temporale, il luogo in cui sporadicamente si celebrano sedute. Basta leggere i numeri presentati dal Presidente del Consiglio comunale nel corso della conferenza stampa. Non solo, ma il luogo che dovrebbe trasparire come una palla di vetro si è isolato e ha, con la scusa di ristrettezze economiche, “allontanato” le dirette televisive. Lo streaming trasmesso dal sito ufficiale del Comune non può essere un mezzo sostitutivo, semmai un supporto. E i numeri di chi segue lo streaming confermano che le sedute consiliari sono state stipate in un ambito talmente ristretto che sembrano riunioni di un club.

Il Consiglio comunale, via via, si è trasformato in un ring sul quale le parti politiche si scambiano accuse che nulla hanno in comune con un dibattito serio e costruttivo, che pone al centro progetti a lunga gittata per proiettare la città verso un livello socio-economico alto, di prospettiva, ma anche di speranza. Ed è proprio qui il punto dolente: il dibattito politico è sceso talmente di tono da smorzare, se non soffocare, ogni minima ventata di ottimismo sulla crescita del nostro tessuto economico e sociale. La politica, scesa al rango della p minuscola, se non microscopica, si è mutata in un’arena piena di urla, spintoni, accuse, scambi di improperi. Si parla più del passato che del futuro. Anzi, di futuro non si parla. Si esulta per la riparazione di un guasto, di una buca. Ci si lamenta per una lampadina fulminata. Nella realtà, la nave città sta affondando inesorabilmente. Si respira un’aria brutta, pesante e la politica, nella sua espressione minuscola, è distante sempre più dalla gente.

Nei giorni scorsi, è stato commemorato l’alto profilo di monsignor Nicolò Licata. E’ stato un uomo di Dio, ma anche a fianco dei deboli, dei marinai e dei contadini soffocati dalla miseria e dal latifondo. Fu anche  uomo politico (Politica con la P maiuscola) e concepì in concreto, con battaglie e azioni, la politica solo come servizio per la collettività. Vi partecipò direttamente nel 1901 con le elezioni comunali di Sciacca. Eletto consigliere, nel suo primo intervento nella seduta per l’elezione del sindaco chiarì esplicitamente la sua posizione: Non sono un calatesta automatico, né un oppositore sistematico. Pertanto combatterò il male ovunque si annidi, appoggerò il bene da qualunque parte venga, sia dalla maggioranza nella quale conto carissimi amici, sia all’opposizione, nella quale ammiro nobili aspirazioni.

Questo pensiero dovrebbe essere inciso a caratteri cubitali nell’aula consiliare e fatto proprio da ogni consigliere comunale. La politica dei tempi attuali è una brutta rappresentazione, spesso comica e tragica nel contempo. A volte, quando un teatro, un film non piace, ci si alza e si va via. Forse sarebbe il caso, seriamente, di valutare un’interruzione anticipata del mandato elettorale, opinione assai diffusa tra i cittadini, ridando la matita elettorale ai cittadini. Purché essi escano fuori da una cultura di consenso arcaica e che va messa definitivamente in soffitta per il bene di tutti.

Filippo Cardinale