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“Una Palma che sorge dal mare”, Goldin ricorda Enzo Nucci

Pubblichiamo un ricordo del critico d’arte, Marco Goldin, per l’artista saccense Enzo Nucci, rimasto per sempre nei nostri cuori. Un ricordo datato 28 gennaio 2021 e pubblicato dal nostro giornale. Oggi lo riproponiamo nel decennale della scomparsa di Enzo

DI MARCO GOLDIN

Oggi Vincenzo Nucci avrebbe compiuto 80 anni (oggi 85, n.d.r.). Avrebbe attraversato come ogni mattina la piazza Scandaliato a Sciacca, la sua città affacciata sul mare degli dei e degli eroi. La lunga planata dell’azzurro verso il largo, dove il colore si chiude per un momento sulla linea dell’orizzonte e poi risale verso un altro azzurro, quello del cielo. Avrebbe attraversato la piazza verso il vicolo in cui si trovava il suo studio e prima si sarebbe fermato per il giornale e poi al caffè d’angolo, davanti alla Chiesa Madre. Una parola, un saluto. Prima di affacciarsi come ogni giorno al piccolo balcone fatto solo di luce, alto sul porto e sul mare infinito. Oggi Vincenzo Nucci avrebbe compiuto 80 anni (oggi 85, n.d.r.). Ma se n’è volato via con le dita che danzavano nell’aria indicando un punto di approdo solo a lui noto, nel lieve, inavvistato brusio che saliva dal mare. Enzo, pittore nella bellissima Sciacca, nella terra agrigentina in cui il rosso della bouganville si mescola alle stelle della notte misteriosa. Chissà, forse con Ketty saremmo scesi dal profondo nord al profondo sud, per esserci oggi. Assieme a Bettina, Massimiliano, Fabio, alle loro famiglie. Sempre di più so che la pittura è indissolubilmente legata alla vita, non può essere diversamente. La sua pittura estenuata, suadente, profumata e silenziosa. Fioriture, certo le palme, cieli screziati, alla fine anche il mare. L’ultimo quadro, una palma che sorge da quel mare visto e non visto, essenza di luce e d’immenso. Perché l’ho sempre immaginata così. Non che sprofondi e invece salga verso il cielo, come un Cristo ascendente di Piero della Francesca. Saremmo andati tutti insieme su alla Grande Valle, semplicemente, a guardare le stelle dentro quel manto infinito dell’universo. E poi mangiare lì la nostra solita, meravigliosa tabisca.

Filippo Cardinale

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