Turismo destagionalizzato: quando la città spegne le luci troppo presto

Il turismo non ha stagione, ma sono ancora tanti e non volerlo capire. Parole e piani non bastano: serve una svolta culturale e condivisa.
Si parla tanto di destagionalizzazione turistica. Convegni, interviste, piani strategici: tutti concordi nel dire che il futuro del turismo passa da una stagione più lunga, capace di abbracciare anche i mesi di spalla come maggio, settembre e ottobre. Ma in molte realtà siciliane, alle parole non seguono i fatti. Sono in pochi credono e lavorano intensamente per sfruttare al massimo tutte le opportunità. E sono soprattutto le piccole strutture turistiche: chi lo fa con professionalità è cresciuto, offre accoglienza di qualità, sa gestire il visitatore e gli fa passare un soggiorno gradevole. Ed investono per crescere ancora, Ma spesso, fuori da quella loro area ristretta ci sono i problemi: prima le chiusure dei negozi alle 20 anche a luglio e agosto (nelle vere città turistiche questo non accade). E adesso altri problemi a settembre. Settembre è ancora un mese vivo, con presenze turistiche significative, temperature gradevoli e un mare che invita. Eppure, proprio in questo periodo, alcuni locali pubblici scelgono di chiudere per ferie. Una decisione legittima, certo: ogni lavoratore ha diritto al riposo. Ma è normale che in una città turistica si chiuda quando i turisti ci sono ancora? Questa scelta, diffusa e quasi sistematica, rivela una verità scomoda: non esiste una vera cultura del turismo destagionalizzato. Né tra gli operatori economici, né tra i cittadini, né purtroppo tra le istituzioni. Si, perchè anche le amministrazioni comunali hanno le loro responsabilità. Credono anch’esse nella destagionalizzazione, ma dovrebbero incidere di più sulla comunità per diffondere un modo nuovo di pensare e fare impresa. Se da un lato si registrano timidi tentativi di animare l’offerta turistica nei mesi non estivi, dall’altro si assiste ad esempio a scelte contraddittorie. Come nel caso del servizio di assistenza ai bagnanti che in molte città balneari finisce ai primi di settembre, come se il mare smettesse di essere attrattivo con la fine di agosto. Ma questa è una storia vecchia che si ripete. Per un servizio salvavita non ci sono mai i soldi. E vale per tutte le sigle politiche.
E che dire dell’utilizzo dell’imposta di soggiorno? Inutile ribadire che i proventi potrebbero essere investiti molto meglio e solo per servizi reali al turista. Più cestini porta rifiuti, più panchine, più servizi igienici. Ci sono città che hanno tutte le carte in regola per vivere di turismo tutto l’anno: patrimonio storico, bellezze naturali, gastronomia, terme, mare. Ma serve un cambio di passo. Serve una strategia condivisa, che coinvolga operatori, cittadini, istituzioni. In alcune città sembra che il turista sia ospite sgradito. Poi nei bar si alimenta il dibattito sul turismo che non funziona. Serve una mentalità nuova, capace di vedere il turista non come un ospite stagionale, ma come una risorsa. Una risorsa permanente. Un veneficio per l’economia. Altrimenti, continueremo a parlare di occasioni sprecate, a lamentarci delle crisi, a piangerci addosso. E il turismo, quello vero, andrà altrove.