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TRAGEDIA ALLE MACALUBE, ESPLODE UN VULCANELLO: MUOIONO CARMELO E LAURA MULONE, 7 E 9 ANNI

Una grande quantità di fango si è riversata sul padre e sui due figlioletti

Tragedia ad Aragona nella riserva delle Macalude. Un vulcanello è esploso rovesciando una notevole quantità di fango e terra su un uomo ed i suoi due figli, in visita alla riserva naturale.

In sostanza, il fango ha risucchiato la famiglia. I due ragazzi erano in compagnia del padre, Rosario Mulone, un carabiniere in servizio a Joppolo Giancaxio, che è riuscito a svincolarsi dal fango. Ha tentato disperatamente di mettere in salvo i figli, ma senza esito.

La bambina, di sette anni, è stata estratta dai vigili del fuoco. Vani i tentativi di rianimarla. Carmelo, nove anni, e’ stato estratto dopo sette ore. I soccorritori sono ancora in cerca del secondo bambino con sonde ed escavatori. 

Quello delle esplosioni è fenomeno naturale, dovuto all’accumulo sotterraneo di metano. La procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta: sul luogo del disastro è presente il sostituto procuratore Carlo Cinque.

La massa di fango e argilla che ha sommerso un padre con i suoi due bambini è stata provocata dal ribaltamento dell’intera collina dei vulcanelli. A spiegarlo è Mimmo Fontana, responsabile di Lagambiente Sicilia e direttore della riserva Macalube di Aragona. ”Si è spostata – dice – una massa enorme di argilla e fango”.

L’esplosione del vulcanello è avvenuta verso le ore 12,30; le forze dell’ordine stanno cercando di capire se vi siano altre persone disperse anche controllando le targhe delle auto che sono posteggiate nel parcheggio di accesso alla riserva. La riserva è gestita da Legambiente.
L’esplosione sarebbe avvenuta in una zona in cui è consentito il passaggio delle persone senza alcuna precauzione.

Alcune fratture e altri segnali visibili sul terreno indussero il gestore della riserva di Macalube ad Aragona  a interdire l’area per 15 giorni appena un mese fa.  Lo riferisce il direttore della riserva, Mimmo Fontana. “Ad agosto abbiamo registrato delle lesioni e abbiamo deciso di sospendere gli ingressi mettendo dei cartelli, anche se – spiega Fontana – non possiamo impedire l’accesso perché parliamo di una riserva pubblica: noi facciamo da guida a chi lo richiede, ma non possiamo impedire gli accessi, una media di 10mila visitatori all’anno”.

” I vulcanelli si trovavano in cima alla collina- dichiara il direttore della riserva di Maccalube-  l’esplosione ha provocato quello che viene definito “il ribaltamento”: la collina in sostanza è collassata su se stessa, creando un’area fangosa con un diametro di alcune centinaia di metri. Al momento dell’esplosione il genitore con i due figli si trovava proprio sulla collina, mentre altri turisti erano più lontani”.

Il fenomeno dei vulcanelli, con l’eruzione di gas e argilla, non è mai stato monitorato: non esistono centraline di osservazione nell’area, sottolinea Mimmo Fontana. “La Regione – accusa Fontana – non ha mai finanziato i nostri progetti per mancanza di fondi”. Gli operatori che gestiscono la riserva sono tre, personale di Legambiente Sicilia, che si occupa dell’area dal 1996 per conto della Regione; direttore della riserva è Mimmo Fontana, che è anche responsabile regionale dell’associazione ambientalista. Tra gli operatori nessuno è geologo, “tuttavia – dice Fontana – si tratta di personale che ha maturato esperienza sul campo e che è in grado di osservare le tracce del fenomeno di vulcanesimo”.

Le Macalube, dall’arabo maqlùb – “terra che si rivolta” – sono un esempio del fenomeno geologico denominato “vulcanesimo sedimentario”. L’area si trova a circa 15 Km da Agrigento. Tra il 2002 e il 2008, le maccalube o “vulcanelli” sono state al centro di un fenomeno che ha prodotto profonde fenditure nel terreno e la formazione di una vasta collina a seguito di forti esplosioni con riversamenti di quantità enormi di argilla e fango. Il fenomeno è legato alla presenza di terreni argillosi poco consistenti, intercalati da livelli di acqua salmastra, che sovrastano bolle di gas metano sottoposto a pressione. Il gas, attraverso discontinuità del terreno, affiora in superficie, trascinando con sé sedimenti argillosi ed acqua leggermente salata a temperature comprese tra i 20 ed i 25 °C, che danno luogo a un cono di fango la cui sommità è del tutto simile a un cratere vulcanico. La consistenza dei fanghi argillosi è a volte così liquida, come nella zona di Caltanissetta, da non permettere la formazione di veri e propri coni vulcanici. Altre volte il fenomeno assume carattere esplosivo, con espulsione di materiale argilloso misto a gas e acqua scagliato a notevole altezza.

 

Redazione Corriere

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