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TERME, “QUESTO PAESE NON SI SALVERA’ SENZA UN NUOVO SENSO DEL DOVERE”. AMBROSETTI RISPONDE A SIMONE DI PAOLA CITANDO MORO

Dopo la lettera di riflessioni inviataci dal consigliere comunale Simone Di Paola, sulla qestione delle terme, oggi c’è un intervento dell’ex direttore generale dell’Azienda Autonoma delle Terme, Alfredo Ambrosetti. Pubblichiamo il suo intervento nella consapevolezza di tenere alto il dibattito su una questione che, invece, tende ad essere sottaciuta.

Caro Simone, ho letto ed apprezzato il Tuo intervento sulle Terme, ma pur condividendolo in molti passaggi non ritengo di poter approvarne la conclusione, perché – more solito – ho la sensazione che tenda ad attribuire a tutti indistintamente una responsabilità, compreso a te stesso, che invece è soltanto di alcuni, anzi di molti per la verità, ma certamente non di tutti.

E’ ormai inutile richiamare le diverse posizioni negative (pochissime) e positive (tantissime) che già nove anni fa furono espresse non tanto sulla privatizzazione, ossia sulla opportunità che la Regione visti i chiari di luna in materia di possibilità finanziarie di intervento nei confronti dell’Azienda ente pubblico potesse continuare una gestione diretta, quanto soprattutto sulle modalità prescelte per questa privatizzazione, che palesemente – almeno per chi avesse avuto anche soltanto un briciolo di competenza tecnico-economica – erano non soltanto inadeguate ma dolosamente e colpevolmente mirate a tutt’altro che al “rilancio internazionale” delle Terme di Sciacca.

Ci fu, questo sì che serve ricordarlo, chi non aveva la competenza ma si improvvisò analista economico-societario, chi doveva vigilare e controllare dagli altri scranni del potere regionale, c’è chi invece ritenne di portare la propria competenza all’ammasso, in nome di obiettivi politici di piccolo cabotaggio (assunzioni, fornitori, indennità, ecc.), ci fu infine chi fece parte dei “ragazzi del coro” a sostegno di queste scellerate modalità di privatizzazione.

In questo senso non c’è nemmeno bisogno di fare una graduatoria o di cercare esimenti: visto l’obiettivo quei colpevoli sono tutti uguali rispetto alla fine di quella realtà che, seppure con luci ed ombre, per quaranta anni ha rappresentato la caratterizzazione turistica ed economica di Sciacca.

Ma che volete che contino quaranta anni di fronte alla immense possibilità di “putìa” e di clientelismo scientifico che offriva una società per azioni? Assunzioni senza concorso, forniture senza gara, prebende e rimborsi, e chi più ne ha più ne metta.

No Simone, Tu non sei colpevole, se non quanto me. Sia io che Tu abbiamo parlato, spiegato, urlato ad una classe dirigente politica locale, provinciale, regionale, ad una opinione pubblica sorda e cieca su questo tema, la loro insipienza e la loro inconcludenza, e lo abbiamo fatto entrambi dal massimo consesso cittadino, dal luogo deputato istituzionalmente alla trattazione dei problemi della Città, dal Consiglio Comunale, io fino al 2009 e Tu dopo.

C’è invece, oltre a quelle individuali ben chiare, una responsabilità collettiva di una comunità locale che si è voluta far irretire da una storia che era la cronaca di una morte annunciata.

L’unica cosa che continua a tornare alla mia memoria, a me convinto democristiano della prima ora, è quel bellissimo pensiero di Aldo Moro: “questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se non nascerà un nuovo senso del dovere”. Dobbiamo solo sperare che nasca una giovane classe politica che abbia forte questo nuovo senso del dovere.

Alfredo Ambrosetti

Redazione Corriere

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