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Sciacca, terra d’acqua (per gli altri): la città resta a secco, ma alimenta mezza provincia. Intervenga la Procura

Saccensi esasperati, zone della città in cui l’erogazione appare come un miracolo che si concretizza dopo settimane. Disservizi che assumono il profilo di interruzione del servizio pubblico

SCIACCA- L’unico “beneficio” che i cittadini hanno ricevuto dal gestore pubblico del servizio idrico integrato nella nostra provincia, cioè dall’Aica, è l’aumento della bolletta del 5,40%, fatto passare dai sindaci come gesto eroico per salvaguardare i Comuni dal dissesto finanziario. Sindaci i cui Comuni sono soci. Sindaci, molti, che non pagano il dovuto all’Aica che appare sempre più come carrozzone e come un mostro partorito dagli stessi sindaci e dal Consigli comunali. Sindaci che si dichiarano “responsabili” quando invece hanno una responsabilità enorme, insieme ai Consigli comunali, di aver dato il via ad una forma giuridica dell’Aica totalmente sbagliata, la cosiddetta “consortile”, fatta nascere con un capitale sociale di appena 20mila euro. Una scelta impressa da associazioni che si sono dileguate insieme ai politici. Quegli stessi politici che hanno esultato alla nascita dell’Aica. La loro irresponsabilità ricade tutta sui cittadini, come l’aumento delle tariffe.

Dai pozzi di Sciacca l’acqua per altri comuni

Dai pozzi di Sciacca l’acqua sgorga per altri comuni. L’Aica prende l’acqua dai nostri pozzi e la distribuisce a mezza provincia. Una sorta di solidarietà in cui Sciacca rimane penalizzata, soffre la sete, la mancata manutenzione della rete, il mancato rifacimento della rete. Riceve solo lo schiaffo sotto la forma di aumento della bolletta idrica. I saccensi subiscono turnazioni e si affidano a una rete idrica colabrodo. Agrigento rifà la rete, qui nemmeno si parte. L’Aica è carrozzone politico. Ed è inutile affermare che oggi è gestita da un management di centrodestra, poiché il periodo precedente è stata appannaggio del centrosinistra. Per non parlare dell’Ati, gestita da Lotà e poi dalla Valenti, ambedue del centrosinistra. La misura è colma e il Consiglio comunale non può più restare a guardare. Il paradosso ormai grida vendetta: Sciacca continua a fornire acqua a mezzo territorio provinciale, ma rimane prigioniera di un sistema che le restituisce solo disservizi, sprechi e rincari. Una città che paga il prezzo più alto per un bene che origina nel suo stesso sottosuolo, senza godere né di priorità né di infrastrutture adeguate. I pozzi scavati nel territorio comunale sono utilizzati per distribuire acqua altrove. E mentre altrove, come ad Agrigento, partono i cantieri per il rifacimento completo della rete, a Sciacca si vive tra condotte vetuste, perdite costanti, turnazioni, e ora anche l’ipotesi concreta di un aumento retroattivo delle tariffe del 5,40%. Ed è solo l’inizio perché l’aumento delle tariffe, dipinto da 24 sindaci come senso di responsabilità, è solo l’inizio. La tanto attesa gestione pubblica attraverso l’Aica si è rivelata, secondo una percezione sempre più diffusa, un carrozzone politico: nomine, inerzia, assenza di trasparenza, incapacità di programmare. Doveva essere il volto nuovo dell’acqua pubblica, rischia di diventare solo l’ennesimo fallimento di governance. Il nostro sindaco, insieme ad altri 23, ha approvato l’aumento delle tariffe idriche. Il Consiglio comunale di Sciacca non può più limitarsi a mozioni e comunicati. Serve una presa di posizione forte, concreta, netta. Se l’Aica non è in grado di garantire equità, investimenti e qualità del servizio, allora si apra un confronto serio per chiederne la messa in liquidazione. Oppure, si valuti l’ipotesi – sempre più concreta – che il Comune esca dalla società consortile per riprendere in mano direttamente la gestione del servizio idrico, restituendo ai cittadini controllo, responsabilità e dignità. Sciacca non può restare spettatrice del proprio impoverimento. L’acqua che parte da qui è una ricchezza. E chi la dona, ha il diritto di scegliere come, a chi e a che condizioni. L’Assemblea Territoriale Idrica (ATI), in quanto Ente di Governo dell’Ambito (EGA), ha la facoltà di revocare l’affidamento del servizio idrico integrato a un gestore, in presenza di gravi inadempienze contrattuali o gestionali. L’ATI è responsabile dell’affidamento, della regolazione e del controllo del servizio idrico integrato, come stabilito dal D.Lgs. 152/2006 e dalla normativa regionale . La revoca dell’affidamento può essere disposta in caso di gravi inadempienze contrattuali da parte del gestore, di violazioni degli obblighi di servizio pubblico, di problemi finanziari o gestionali che compromettono la continuità del servizio. E’ arrivato il tempo in cui la Procura debba concentrare attenzione sulla vicenda. Siamo di fronte ad un servizio pubblico ed è evidente come ormai l’interruzione del servizio pubblico è piuttosto evidente.

Filippo Cardinale

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