POLITICA REGIONALE, IN SCENA TRE SPETTACOLI DI UNO STESSO COPIONE

Non sappiamo come finisce la recita, ma francamente non si scorge un solo argomento per sperare di vedere dissolto il buio che avvolge la Regione sempre più un peso e non un’opportunità per la Sicilia

Editoriale di Calogero Pumilia

Sul palcoscenico della politica regionale stanno andando in scena tre spettacoli che , apparentemente diversi, sono parti di uno stesso copione. Come in un teatro dell’assurdo, il governo e i partiti che lo sostengono recitano per se stessi, senza pubblico e senza trama, di un ennesimo rimpasto di governo, di chi entra e di chi esce, del Nuovo centro-destra che dovrebbe aggregarsi alla maggioranza e dei nuovi assessori forse politici e non più tecnici.

Su questo argomento almeno un equivoco sembra si diradi, quello iniziato, quasi tre anni fa, con la bizzarra nomina ad assessori di Zichichi e di Battiato e di altri meno noti esperti, tutti rigorosamente estranei alla politica e ai partiti e tutti totalmente inadeguati al compito o lontani anni luce dalla voglia di occuparsene. Era prevalsa allora ed è proseguita per parecchio tempo la convinzione un po’ grillina, un po’ qualunquista che la cosiddetta “società civile” sia per principio migliore dei suoi rappresentanti e non, invece, il magma nel quale coesistono e dal quale provengono i politici bravi e corretti e quelli che non lo sono.

Non sappiamo come finisce la recita, ma francamente non si scorge un solo argomento per sperare di vedere dissolto il buio che avvolge la Regione sempre più un peso e non un’opportunità per la Sicilia. L’altro spettacolo si dà in Assemblea dove troppo spesso le leggi vengono scritte per lanciare dei messaggi, per, consentitemi il preziosismo, épater le bourgeois, nella totale indifferenza delle norme costituzionali, della coerenza con la legislazione nazionale o del semplice buon senso. Così è capitato con la legge sugli appalti, con quella sulla gestione dell’acqua, e con quella sui liberi consorzi e le città metropolitane, nella quale l’astio personale nei confronti del sindaco di Palermo è prevalso sulla ragionevolezza e l’equilibrio. Infatti, anziché prevedere, come nel resto d’Italia, che il sindaco della città capoluogo dell’area metropolitana – Palermo, Catania e Messina – diventi automaticamente il sindaco della città metropolitana, si è data la possibilità di scegliere uno qualsiasi dei capi delle amministrazioni locali interessate.

Quella sugli appalti, come è noto, è stata già impugnata dal governo nazionale, le altre due pare lo saranno a breve.

Tra le perle di questo modo di legiferare vi è anche il finanziamento di 800mila euro per le terme di Sciacca e Acireale inserito nella finanziaria, sapendo di fare solo una promessa a vuoto perché l’intervento era chiaramente in violazione delle norme comunitarie. Poi la chiusura delle terme ha tagliato la testa al toro. Tutto ciò l’avrebbe previsto uno studente di giurisprudenza e probabilmente lo hanno previsto alcuni deputati rimasti però prigionieri di un populismo aggressivo e sterile.

Infine, ormai da più settimane, va in scena il terzo spettacolo, questo cupo e drammatico come un Macbeth di periferia, la dissoluzione, cioè, di una parte dell’antimafia militante. L’intreccio è indecifrabile, le accuse reciproche sono sferzanti, come succede sempre quando si rompe un sodalizio cementato dagli interessi. Si apre un vaso di Pandora e ne vien fuori un verminaio fatto anche di allusioni oscure e pesanti. Si scompone un mondo che ha avuto i lustrini della testimonianza e i vantaggi della gestione del potere, il protagonismo della politica e quello della denuncia.

Restano le macerie di una Sicilia che doveva girare pagina e invece si avvita su se stessa con rimedi sbagliati, pasticciati o che si rivelano dei placebo.

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