Politica, Fabio & Fabio e la solitudine dei numeri primi

Ieri sera si è svolto il Consiglio comunale, il primo con l’innesto dei nuovi tre assessori nominati dal sindaco. Il sindaco fa i conti senza l’oste e rimane solo in aula con il suo unico consigliere comunale Fabio Leonte

SCIACCA- Dubitare di sè stesso è il primo segno dell’intelligenza insegnava lo scrittore Ojetti. Un pensiero che si è reso concreto ieri sera nello svolgimento del Consiglio comunale, il primo dopo che il sindaco Fabio Termine ha ricomposto metà della sua giunta con assessori non eletti, ma venuti da lontano come i tre re magi. Solo che i biblici magi giunsero a Betlemme portando seco i noti doni, mentre i tre nuovi assessori sono giunti a Palazzo di Città a mani vuote. Sono arrivati “dal mondo civile, dal mondo delle professioni”. Vi immaginate una scelta dal mondo dell’inciviltà?
Ieri sera si dovevano dibattere e approvare una serie di debiti fuori bilancio. Sono per la maggior parte frutto di sentenze del tribunale che obbligano il Comune a liquidare i risarcimenti. Un atto dovuto, in buona sostanza. Ma è proprio in tal momento, dopo una ampia discussione sulla situazione politica, che arriva il conto senza la classica presenza dell’oste. Si è chiesta una sospensione della seduta che, poi, non è più proseguita. In aula sono rimasti in perfetta solitudine il sindaco Fabio Termine e il solo consigliere di cui dispone, Fabio Leonte. Sembravano quel duetto musicale previsto nel calendario degli eventi natalizi che si sono esibiti da soli in piazza Duomo, nella mortificante e completa solitudine. Fabio Termine e Fabio Leonte sono stati la rappresentazione della solitudine dei numeri primi. Uno come consigliere comunale e autorevole presenza nel mondo “terminiano”, l’altro come sindaco senza più coalizione, isolato. La solitudine in cui è rimasto il sindaco nell’aula consiliare è un segnale chiaro ed evidente e a nulla servono, o sono servite, le convocazioni carbonare invitando una decina di consiglieri comunali delle opposizioni per creare una sorta di salvagente che consentisse al sindaco di proseguire con facilità il corso dei 18 mesi che rimangono alle prossime elezioni comunali. All’inizio della seduta consiliare, il sindaco nelle sue comunicazioni, sembrava il papa all’Angelus. Predicava che si doveva essere gioiosi, che iniziava una nuova fase in cui il Consiglio comunale era protagonista. La centralità del Consiglio comunale non vi è mai stata nella visione “terminiana”. Anzi, più volte ha dimostrato insofferenza verso la sala elettiva da parte del popolo. Poco mancava che il sindaco facesse anche la benedizione urbi et orbi. Scurdammoce ‘o passato, ha predicato, e volemose bene. Ma il connubio Napoli-Roma si è infranto.
Il dibattito politico si è incentrato con interventi di critica forte da parte delle opposizioni ma anche da parte del Pd, M5S e Verdi. Qualcuno, dalle parti delle opposizioni, balbetta ancora sulla mozione di sfiducia, qualcuno ha tentato inutilmente di spiegare il senso dell’incontro tra sindaco e la decina di consiglieri del centrodestra in un contesto carbonaro, venuto alla luce grazie alla stampa che da sempre scopre tutto. Questo giornale fu protagonista delle riunioni “segrete” della coalizione di Vito Bono. Alcune giustificazioni sono apparse simile a quelle di un bambino scoperto con le mani nella marmellata.
I debiti fuori bilancio saranno affrontati nella prossima seduta e saranno approvati perchè rientrano nella categoria degli atti obbligatori e comportano rischi di danno erariale. Ma rimane la vera sostanza: il sindaco è solo e Fabio più Fabio non fanno due, poichè uno solo è consigliere comunale. Gli altri 23 sono tutti convinti che il “progetto Termine” è fallito. Ma ad una decina di consiglieri, lo diciamo ormai da settimane, manca il coraggio di porre fine all’agonia di una città costretta a subire per 18 mesi il tempo più triste della politica saccense. Alla decina di consiglieri comunali del centrodestra, per il quale professano fede, manca la capacità di comprendere che il sindaco sta compiendo l’atto finale del disegno distruttivo: sfasciare il centrodestra, fallo dividere. Una operazione che già gli è riuscita con il suo movimento Mizzica, con il Pd, con M5S, con i Verdi. E’ rimasto solo nel duetto Fabio & Fabio a suonare nel vuoto. Adesso la mira è dividere il centrodestra: farlo litigare. Chi predica “il bene della città” non fa altro che provocarle del male. Chi vuol intendere, intenda.