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OMICIDIO MENDOLA, APPELLO: HANNO DISCUSSO LE PARTI CIVILI

La parte civile, nel processo d’appello dell’omicidio di Antonino Mendola, trentasettenne di Alessandria della Rocca, ha condiviso la richiesta di applicazione dell’aggravante della pena per futili motivi avanzata dalla pubblica accusa nei confronti di Onofrio Centinaro, quarantasettenne, anch’egli di Alessandria della Rocca.

Nell’udienza di oggi, a Palermo, hanno discusso gli avvocati delle parti civili. Fabrizio Di Paola, per la moglie Zinella Catagnino e per i tre figli minori, mentre l’avvocato Maurizio Gaudio, per la madre e i fratelli della vittima.

Nel gennaio del 2011, in primo grado, con rito abbreviato, il gup del tribunale di Sciacca, Michele Guarnotta, ha condannato Onofrio Centinaro a complessivi 17 anni di reclusione. La pena inflitta per l’omicidio è di 16 anni e 8 mesi di reclusione (il processo si è svolto con il rito abbreviato), a cui vanno sommati altri 4 mesi per la contravvenzione relativa al porto illegale di coltello. Il gup non ha considerato l’aggravante dell’omicidio per futili motivi. Il pm, Salvatore Vella, aveva chiesto 30 anni. Inoltre, il gup ha condannato Centinaro al risarcimento danni alla parte civile per complessivi 1.245.000 euro così suddivisi: € 250.000 per la moglie e per ciascuno dei tre figli; 125.000 euro per la madre e 60.000 pe ciascuno dei due fratelli. L’omicidio avvenne l’8 febbraio 2010 ad Alessandria della Rocca.

L’omicidio avvenne l’8 febbraio del 2010 ad Alessandria della Rocca. La vittima, Antonino Mendola, 37 anni, del luogo, lascia la moglie e 3 figli, era titolare assieme alla moglie del bar “Caffè Roma”, situato nella strada principale del piccolo comune agrigentino.  L’autore del delitto, Onofrio Centinaro, 45 anni, imprenditore edile, sposato e padre di 2 figli, è anch’egli di Alessandria della Rocca. Il fatto avvenne via Magazzini, una traversa di Largo Portella, davanti la saracinesca di un garage, al cui interno un gruppo di giovani stava ultimando l’allestimento di un carro allegorico, per la sfilata di carnevale.

Alla base del delitto, un diverbio tra Mendola e il figlio sedicenne di Centinaro. Questa la ricostruzione dei fatti, secondo la pubblica accusa. Alcuni giorni prima, ignoti ladri, avevano rubato due casse, un mixer e alcune bottiglie di liquori dall’interno del disco-pub “Maracaibo” di proprietà di Mendola. Secondo quest’ultimo, a compiere il furto sarebbe stato proprio il minore. Usciti fuori dal magazzino i due si sarebbero messi a discutere animatamente. Prima ancora, che la situazione potesse precipitare, qualcuno avrebbe pensato di avvertire il padre del ragazzo. L’uomo armato di un coltello si diresse in via Magazzini, e senza dire una parola, avrebbe inferto 7 coltellate ad Antonino Mendola. Le coltellate sarebbero state inferte sotto gli occhi dei ragazzi, i quali  si trovavano all’interno del garage e di alcuni residenti della zona, loro malgrado testimoni oculari del delitto. Centinaro avrebbe anche minacciato col coltello Francesco Cacciatore che stava tendando di soccorrere Mendola. Compiuto il delitto, l’imprenditore si era rifugiato a casa. I carabinieri, raccolte le prime testimonianze, raggiunsero Centinaro a casa. Ammanettato e portato in caserma, confessò l’omicidio. Centinaro è stato difeso dagli avvocati Antonino e Vincenza Gaziano del Foro di Agrigento.

Redazione Corriere

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