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NAVE HEIDA, NE’ VIVI, NE’ MORTI. INTANTO LA PROCURA DI BERGAMO APRE UN’INCHIESTA

C’è voluta la forte volontà di Accursio Graffeo e l’inchiesta giornalistica di Gianni Lannes ad aprire un percorso giudiziario che faccia luce sul mistero della nave Heida, scomparsa nel marzo del 1962 tra il 14 e il 19, e sulla quale vi erano 19 marinai italiani. Uno di questi era saccense, Filippo Graffeo, che all’epoca dei fatti aveva appena 19 anni.

Il sacense Accursio Graffeo, nipote di Filippo, sta dedicando tutto il suo impegno a fare luce sulla vicenda e spesso si trova a sbattere contro il solito muro di gomma.

La nave era salpata da Venezia puntando la prua a Ravenna, per poi proseguire in Spagna. Ufficialmente la versione è quella del naufragio della nave, a causa del mare forza 8.

Ma la capillare ricerca del giornalista Gianni Lannes è andata oltre le ufficilità, scavando in profondità. Ed emerge una verità tenuta segreta e nascosta. Una verità indicibile.

Ci sono elementi probatori per far dire (e scrivere in un libro che sta per essere pubblicato) a Lannes che la nave non naufargò per le condizioni del mare, ma per una precisa azione “militare” della Francia. “Questa nave- ha spiegato Lannes nel corso di un convegno svoltosi nei giorni scorsi nell’Atrio superiore del Comune- è stata sequestrata dalla squadra navale francese che è arrivata dalla Corsica. E poi c’è una foto di un inviato di guerra, nell’ambasciata francese ad Algeri, che ritrae un gruppo di prigionieri, tra i quali gli italiani e Filippo Graffeo”.

Lannes sostiene che “sono stati sequestrati e torturati per sapere se la nave trasportava armi e per conto di quali governi”.

C’è da tenere presente il contesto politico di quel periodo, con l’Algeria che si proclamò indioendente dalla Francia. Per Lannes, l’equipaggio non era affatto a conoscenza di possibili traffici d’armi.

Intanto, Accursio Graffeo ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica di Bergamo. A 50 anni dal fatto si cerca di fare luce. Di certo c’è che il 21 marzo 1962, dunque alcuni giorni dal “naufragio”, secondo le fonti ufficiali, c’è un cablogramma che parte dalla nave. Dunque, la nave non era affondata.

Ciò che chiedono i familiari di Filippo Accursio, sostenuti dal giornalista Lannes, è di fare luce e chiarezza sulla vicenda. Sapere dove sono le spoglie dei marinai, poter piangere sui resti di Filippo Graffeo.

Come dice il giornalista Lannes, quei marinai “non sono nè vivi, nè morti”. Avvolti nel silenzio dell’omertà.

Redazione Corriere

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