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MAFIA, ECCO IL NUOVO IDENTIKIT DEL CAPO DI COSA NOSTRA MATTEO MESSINA DENARO. IL SUO REFERENTE IN PROVINCIA DI AGRIGENTO SAREBBE STATO IL SAMBUCESE LEO SUTERA

Il Gico della Guardia di Finanza, grazie all’aiuto di un confidente, ha elaborato al computer un nuovo identikit del numero uno di Cosa Nostra, il boss trapanese Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993. L’immagine del volto in possesso ora degli inquirenti non si discosta di molto dall’ultimo identikit realizzato dalla Polizia. Il suo valore sta nel fatto che è stata preparata sulla base delle descrizioni fornite da una fonte confidenziale che è stato in contatto col padrino negli ultimi anni.

Capelli ancora scuri, una stempiatura più ampia del passato, leggermente appesantito. Così appare il capo mafia. Il confidente descrive, però, Matteo Messina Denaro senza più gli occhiali da vista, una vera novità della ricostruzione rispetto alle precedenti che lo ritraevano con lenti spesse a causa della grave malattia alla retina di cui soffre. Per curarsi due volte il super boss in passato sarebbe andato da un noto specialista spagnolo, in una clinica di Barcellona.

Sentito dagli inquirenti, il medico avrebbe confermato la gravità della patologia ipotizzando che Messina Denaro sarebbe cieco ad un occhio. Amante delle auto sportive e delle belle donne, soprannominato Diabolik per la passione per il famoso personaggio dei fumetti, fa affari con le estorsioni e con gli appalti, ma anche col traffico di droga e le operazioni imprenditoriali e finanziarie.

Secondo gli inquirenti dietro il business dell’eolico in provincia di Trapani ci sarebbero i suoi capitali. Come suoi sarebbero i soldi investiti da prestanomi nella grande distribuzione alimentare: uno per tutti Giuseppe Grigoli, re dei supermercati Despar di mezza Sicilia a cui sono stati sequestrati beni per 700 milioni di euro.

Il suo referente in provincia di Agrigento sarebbe stato Leo Sutera, “u prufissuri” di Sambuca di Sicilia, arrestato nell’ambito dell’operazione antimafia “Nuova Cupola” coordinata dalla Dda di Palermo e condotta in campo dal Commissariato di Porto Empedocle e dalla Squadra Mobile di Agrigento.

Redazione Corriere

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