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LICENZIAMENTI CALCESTRUZZI BELICE, LA CGIL SCRIVE AL GOVERNO

Sulla vicenda del fallimento della Calcestruzzi Belice e i relativi 11 licenzia di dipendenti, La Cgil scrive una lettera al Viceminsitro dell’Interno e al Prefetto Postiglione. 

La pubblichiamo integralmente

Al Viceministro Filippo Bubbico – Ministero degli Interni 

Al Prefetto Umberto Postiglione Direttore Generale ANBSC

Gentili, Vi scriviamo in relazione alla vicenda, sicuramente a voi nota, che riguarda la società Calcestruzzi Belice, il cui Direttore ha inviato questa mattina le lettere di licenziamento a tutte le maestranze con la motivazione di cessata attività a causa della dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale di Sciacca.

Per come si sono svolti i fatti consideriamo la vicenda un colossale “paradosso” generato da atteggiamenti a dir poco superficiali da parte di chi ha amministrato il bene e incomprensibili da parte del Tribunale visto che la cifra in questione si riferisce a 30.000 euro, debiti contratti prima della confisca, e che l’azienda, pur nelle difficoltà di una crisi generale del comparto, non presenta problemi dal punto di vista produttivo e di bilancio.

Il paradosso poi è ulteriormente evidente quando siamo di fronte ad un reclamo esposto dalla ANBSC contro la dichiarazione di fallimento del Tribunale di Sciacca e a una contemporanea decisione di chiusura dell’azienda ancor prima di attendere il pronunciamento del Tribunale previsto il 2 Febbraio 2017 con le relative lettere di licenziamento per cessata attività.

Non è possibile assistere ad uno scempio simile. La logica vuole che si debba attendere il pronunciamento del Tribunale prima di procedere a qualsiasi decisione e pertanto chiediamo al Ministero e alla Agenzia di far sì che la direzione della azienda ritiri i licenziamenti, che si avvi rapidamente un confronto con la rappresentanza dei lavoratori in modo da salvaguardare la continuità produttiva della azienda e concordare per il prossimo futuro tutte le soluzioni necessarie ad affrontare un problema che appare di semplice soluzione e di cui i lavoratori non portano alcuna responsabilità.

Le confische dei beni e delle aziende ai mafiosi e il riutilizzo di questi in un circuito di legalità rappresenta il fine e il modo con il quale lo Stato opera insieme alla società civile per contrastare l’azione criminale.

Ci si aspetterebbe francamente ben altro atteggiamento da quello al quale stiamo assistendo in questo momento. Ci si aspetterebbe che si operasse per aiutare tali processi piuttosto che fare di tutto per affossarli, fra l’altro in una vicenda che non presenta, come purtroppo a volte ci capita di incontrare, alcuna insormontabile difficoltà.

Giuseppe Massafra, Graziano Gorla

Redazione Corriere

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