EDITORIALE

di Filippo Cardinale

E ora? E’ il punto di domanda che domina il pensiero di molti saccensi. L’interrogativo riguarda quello che ormai è il caso di Sciacca in versione terzo millennio, il cui autore è il sindaco Vito Bono. Dopo la nota dell’Ufficio Legislativo e Legale della Presidenza della Regione, la vicenda si è complicata ancora di più’. Il sindaco, con molta probabilità, si attendeva un responso più netto per prendere la palla in balzo e dare il commiato alla città, tornando a dedicarsi a ciò che tiene di più: il medico convenzionato.

Considerato che l’eventuale decadenza dalla carica per incompatibilità deve essere frutto di una sentenza del Tribunale ordinario, su ricorso popolare, a Vito Bono viene a mancare la solida motivazione tecnica per dimettersi.
La città sta vivendo uno tsunami senza precedenti. Dunque, archiviato l’aspetto tecnico adesso il nodo rimane quello politico. E’ qui la vicenda si complica in modo significativo. La matassa si aggroviglia ancor più di quanto già lo fosse. Di certo, il quadro politico della maggioranza si tinge di tinte nerissime, colore che si addice molto al clima luttuoso che, di fatto, pone fine alla breve vita politicamente amorosa tra i partiti della maggioranza e Vito Bono.
Vito Bono non ha più una maggioranza, la maggioranza non ha più un sindaco. Si aggiunga che Vito Bono è ormai isolato. E’ un uomo solo, distante dagli alleati, ma soprattutto da una città che sempre di più attende la sua scelta, sempre di più segnata. 
Vito Bono ha inanellato negli ultimi giorni una serie di errori che, giocoforza, richiamano fatti avvenuti di recente e che hanno colpito profondamente l’opinione pubblica.

La manovra iniziale viene partorita dalla testardaggine di mettere in atto una folta corrispondenza tra il suo Gabinetto e la Regione per via della ipotizzata incompatibilità a fare il sindaco in parallelo con la professione di medico convenzionato. Una corrispondenza prodotta senza mettere al corrente i suoi alleati. Altro che cabina di regia! Vito Bono ha agito da monarca assoluto, mettendo in difficoltà la maggioranza, e dando modo di far capire il mancato senso della collegialità, che è il sale della democrazia.  
Da qui, in modo seriale, il sindaco commette una serie di errori che, di fatto, non solo lo isolano, ma lo pongono in netto contrasto con la maggioranza.
Altro errore è la mancanza di considerazione nei confronti del Consiglio comunale, espressione del voto popolare. Non si è presentato in Consiglio comunale a spiegare una situazione assai delicata che riguarda la sua scelta, ma che coinvolge la città. Anziché affrontare con senso di responsabilità una questione di estrema importanza, ha preferito rifugiarsi nella solitudine e nel silenzio, schivando adeguatamente gli alleati che lo cercavano con insistenza, ma dileguandosi anche dall’istituzione principe, il Consiglio comunale.
Poi rilascia una serie di dichiarazioni con cui, senza freni inibitori, comunica urbi et orbi il suo interesse prioritario: la sua professione. E perché si è voluto tenacemente candidare? Costi quel che costi, diceva. E si candidò, promettendo alla città un mare di ottimismo che neanche Berlusconi aveva osato con gli italiani. E dopo quello che ha dichiarato, sia coerente: se ama, così come l’ama, la sua professione, non tolga spazio ad essa dedicando qualche ora a Palazzo di Città. Sia medico a tempo pieno e non distolga la sua attenzione verso i mutuati pensando alla cosa pubblica, a governare la città.

In questi giorni ha respinto ogni tentativo di dialogo con gli alleati, spegnendo loro il telefono. Domani, finita la due giorni religiosa, il sindaco si troverà più solo che mai. Non ha neanche il conforto dell’opinione pubblica, segnata da comportamenti che non hanno precedenti e che rimarranno impressi in modo indelebile nella storia della Città.
Vuole andare avanti da solo? Lo faccia pure, ma sarebbe un autolesionismo senza limiti. Avrebbe contro tutto il Consiglio comunale, ma soprattutto non avrebbe quelle stampelle dialettiche , ex amiche, che finora lo hanno riparato dagli attacchi. Basta rileggere gli interventi dell’ex assessore Fabio Leonte, dai banchi della giunta, oppure quelli di Simone Di Paola, dai banchi del Consiglio comunale, solo per citare un paio di esempi.  Il sindaco sul  campo della loquacità, non ha nessun elemento a favore per affrontare un dibattito, verrebbe massacrato.
E’ rimasto solo Vito Bono, avvolto nella solitudine del numero primo. Quel primo cittadino che avrebbe dovuto manifestare capacità di governo, ma che invece ha lasciato che la Città si arenasse inesorabilmente.
Domani, venerdì, è un giorno utile affinché Vito Bono dimostri sensibilità rispetto ad un clima collettivo che non gli è a favore.

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