SCIACCA. Uno dei due candidati alla segreteria provinciale del Pd, l’ex consigliere comunale di Ravanusa Giacomo Vivacqua, sarà oggi pomeriggio a Sciacca per un incontro politico in vista del congresso, alla presenza del segretario regionale Antony Barbagallo, del deputato nazionale agrigentino Giovanna Iacono e del componente della segreteria nazionale Pd Peppe Provenzano. C’è tutta l’area interna al partito che in questi giorni è in pieno conflitto con gran parte del gruppo parlamentare all’Ars, che a sua volta contesta lo svolgimento dell’assemblea dello scorso 27 gennaio a Palermo e che non ha legittimato il congresso regionale ed ha presentato, scegliendo di presentare un ricorso alla commissione nazionale di garanzia del Pd. Ciò che spicca nell’evento di oggi è che nel programma c’è l’introduzione di Mariolina Bono e l’intervento del sindaco Fabio Termine. Non c’è la presenza del segretario del circolo cittadino e nemmeno del deputato regionale Michele Catanzaro, che è di Sciacca e pure capogruppo all’Ars. Non era mai accaduto in passato, anche in presenza di diverse correnti. Segni evidenti di una divisione profonda tra le varie anime dell’attuale Partito Democratico, forse mai così lacerato come oggi. Catanzaro per la segreteria provinciale sostiene il sindaco di Santo Stefano Quisquina Francesco Cacciatore, ma resta un rappresentante istituzionale, anche se in questo momento è primo “nemico” del segretario regionale uscente, nonché unico candidato al congresso, il catanese Barbagallo. Gli organizzatori dell’evento di oggi non li hanno voluto mettere uno di fronte all’altro. Portare Barbagallo Sciacca, a casa di Catanzaro, appare come un segnale di sfida piuttosto netto che gli ultimi arrivati in casa Pd hanno voluto ulteriormente lanciare dopo il caso del tesseramento last minute di fine dicembre.
Il “metodo Tafazzi” è la sindrome dalla quale la Sinistra non riesce proprio a guarire. Una forma di autolesionismo che parte pure da lontano ed ha toccato anche Sciacca: è facile ricordare come gli esponenti politici locali della Sinistra che uscivano dalle quattro mura cittadine non sono mai stati profeti in patria. Veniva criticato Michelangelo Russo che era stato all’Ars e al Senato, veniva criticato Siso Montalbano, anche lui prima all’Ars e poi al Senato. Con la differenza che nella fase di crescita interna e di scelta di candidature, ovvero la regola non scritta del rispetto dei tempi e delle singole esperienze di dirigente politico, che da sempre vige dal Pci in poi, prima funzionava. Oggi è invece stravolta. Fabio Termine entra nel Pd e sembra voglia puntare diritto all’Ars, se non oltre, senza nessuna voglia di fare la trafila, cosa che invece stava facendo Francesca Valenti. Diventando allo stesso tempo strumento consapevole della guerra che in atto una parte del Pd sta facendo a Catanzaro, di cui si sceglie di tralasciare i successi elettorali degli ultimi anni che comunque ci sono stati, non solo personali, frutto di precise strategie che hanno portato il partito ad amministrare in molti Comuni ed ex Province, ed a riportare parlamentari a Roma. La sensazione oggi è che questa litigiosità sia frutto avvelenato dell’ambizione e della ricerca di potere. E che dietro le polemiche ci siano smanie di affermazione personale spesso malcelate da affermazioni di principio. E’ concreto il rischio che in questa vicenda tutti alla fine ne usciranno con le ossa rotte.
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