LA NASA CONFERMA CIO’ CHE CIACCIO E GESU’ HANNO DIMOSTRATO DA ANNI. LO STUDIO EFFETTUATO A SCIACCA, IN MODO PARTICOLARE SUGLI EFFETTI DEL TERREMOTO DI MESSINA

Il genetista della NASA Christopher Mason ha comunicato che l’astronauta Scott Kelly al suo ritorno da un recente viaggio spaziale, durato un anno, non aveva più lo stesso DNA che possedeva prima della partenza e che era lo stesso del suo gemello March, rimasto sulla terra.

Dunque, l’ambiente riesce a modificare in nostro Dna. E a questa conclusione già da anni sono giunti, con prove scientifiche, lo scienziato saccense Lillo Ciaccio, ematologo, e Michela Gersù, biologa genetista. La comunicazione della NASA conferma, dunque, quello che Ciaccio e Gesù hanno trovato e studiato nella banca del cordone ombelicale di Sciacca esaminando i risultati degli esami eseguiti sulle unità di sangue cordonali, arrivate a Sciacca da tutto il territorio della Sicilia.

Sin dal 1882, anno in cui Mendel ha pubblicato le leggi delle eredità, si è creduto che creduto che chi siamo e come saremo è sempre prevedibile se conosciamo come furono i nostri genitori e i nostri antenati. Oggi, invece, le cose non stanno cosi perché i genetisti venuti dopo Mendel “hanno dimostrato che potremmo non essere come i nostri antenati perché siamo il prodotto migliore che si forma nell’ambiente in cui viviamo”.

Che significa?

“Non siamo predestinati. Potremmo non essere quelli che c’è scritto nei geni che abbiamo ereditato nel momento della procreazione dai nostri genitori”.

E dunque?

“Siamo piuttosto il prodotto migliore che si forma con le leggi della natura (adattamento, selezione ecc), nell’ambiente in cui viviamo, dove i nostri organismi si interfacciano continuamente con tutto ciò che ci circonda e con tutto ciò che mangiamo, che beviamo, che ingeriamo, che respiriamo, che vediamo, che impariamo e anche con i nostri comportamenti che derivano dalle nostre scelte o dalle nostre rinunce o dalle nostre conoscenze o dalla nostra cultura. Insomma anche chi non nasce signore ci può diventare se nel corso della nostra vita riceve le spinte per diventarci. Il discorso vale anche per chi nasce signore. Potrebbe non restarci se nella sua vita non riceve le spinte per esserci”.

Il Dna che abbiamo ricevuto dalla nascita è quindi modificabile.

“Il DNA che abbiamo ricevuto, nel momento della procreazione, subisce, soprattutto nel primo anno di vita, un completo rimodellamento in risposta agli stimoli ricevuti dall’ambiente in cui viviamo. Tutto ciò porta l’organismo ad adattarsi alle condizioni dell’ambiente in cui viviamo che potrebbero essere diverse da quelle esistenti nel periodo in cui vissero i nostri genitori. Da quello che abbiamo scritto può risultare non giustificata la preoccupazione che hanno alcuni genitori quando devono adottare un bambino perché temono che il suo DNA lo possa indurre a comportarsi in modo non coerente alla loro famiglia. Oggi sappiamo che il bambino, soprattutto nel primo anno, ma anche durante tutta l’infanzia, rimodella il suo DNA in risposta a tutto ciò che proviene da tutto l’ambiente. Quindi se un bambino viene educato bene dai nuovi genitori si comporterà bene nella famiglia e fuori. Abbiamo alcune migliaia di geni ognuno dei quali è collegato, funzionalmente, con altrettanti minuscoli interruttori biochimici manovrati, spesso a nostra insaputa, da ogni cosa con cui ci interfacciamo. Tutto, proprio tutto, niente escluso. Anche i farmaci possono cambiare la posizione dell’interruttore da acceso a spento, o al contrario. In questo modo cambia l’espressione del gene nel bene o nel male”.

Ognuno di noi possiede uno scenario genico molto personalizzato?

“I nostri geni attivati o spenti possono essere diversi da quelli dei nostri fratelli a secondo delle condizioni che abbiamo incontrato nella nostra vita. Dunque i nostri geni non sono né costanti nè rigidi. Sono invece flessibili per adattare continuamente il loro prodotto (fenotipo) alle domande della nostra vita. Se non fossero flessibili noi non ci saremmo adattati al cambiamento delle condizioni ambientali e probabilmente non saremmo sopravissuti come è avvenuto per 2,5 milioni di specie che sono scomparse perché non sono riuscite ad adattarsi. E probabilmente non ci sarebbero tante specie nuove che si sono formate nei precedenti millenni per trasformazioni finalizzate all’adattamento delle specie precedenti. Insomma se i geni non fossero stati flessibili e se non ci fosse stato l’adattamento continuo alle esigenze della nostra vita, il mondo oggi sarebbe molto diverso”.

Sostenete che in nostro destino è nelle nostre mani.

“A determinarlo siamo noi con i nostri comportamenti e con le nostre scelte. Potrebbe accadere che due fratelli che hanno ereditato dai loro genitori lo stesso DNA, nella vita possono avere un destino diverso: uno può morire in giovane età di tumore e l’altro può vivere fino a cento anni, sempre in buone condizioni di salute. E già accaduto”.

I genetisti della NASA confermano quello che voi avete già dimostrato studiando il cambiamento del Dna che la popolazione di Messina ha subito dopo il terribile terremoto del 1908.

“Il genetista della NASA Christopher Mason ha comunicato che l’astronauta Scott Kelly al suo ritorno da un viaggio spaziale, durato un anno, non aveva più lo stesso DNA che possedeva prima della partenza e che era lo stesso del suo gemello March, rimasto sulla terra. I genetisti della NASA non hanno dubbi che questo cambiamento è la conferma di come l’ambiente possa influenzare il nostro DNA. In altre parole il nostro DNA non è rigido, non è costante e non è immutevole. Sotto la spinta di condizioni ambientali cambiate può modificarsi. La comunicazione della NASA è anche una conferma di quello che noi abbiamo trovato nella banca del cordone ombelicale di Sciacca esaminando i risultati degli esami eseguiti sulle unità di sangue cordonali, arrivate a Sciacca da tutto il territorio della Sicilia. Abbiamo costato, per esempio, che la frequenza del gene HLA Dr11 era pari al 56% nel territorio dello Stretto, mentre scendeva al 44% a Caltanissetta e al 26% a Trapani, abbiamo accertato anche che questo andamento decrescente si correlava perfettamente con lo stesso andamento che aveva in quel territorio la radioattività. In altre parole, dove era elevata la radioattività nel territorio era elevata anche la frequenza del Dr11 nella popolazione. Questi dati sono in palese contrasto con la legge di Hardy-Weinberg secondo la quale gli antigeni del sistema HLA debbono avere una distribuzione omogenea nella popolazione. Si potrebbero spiegare però con l’ipotesi degli esperti di genetica delle popolazioni, che sostengono che quando in una popolazione aumenta la frequenza di un gene e del suo prodotto (Fenotipo), dopo avere escluso le cause più frequenti come gli spostamenti in massa della popolazione per emigrazione o immigrazione o una epidemia che ha causato numerosi decessi, bisogna pensare che quel gene sta codificando per un fenotipo vantaggioso per i soggetti che ne sono dotati. In accordo con queste ipotesi, noi pensiamo che il DR11 potrebbe codificare per una proteina di superficie che difenderebbe la popolazione dal tumore polmonare, che nello Stretto dovrebbe essere aumentato a causa dell’alto tasso di radioattività del territorio, causato dalla fuoriuscita di grandi quantità di gas radioattivi, fra cui il Radon, a causa del terremoto del 1908. La proteina di superficie, codificata dal gene DR11, impedirebbe ai gas radioattivi di entrare nelle cellule esposte e di danneggiare il loro DNA aprendo la strada alla formazione di tumori. Noi abbiamo accertato infatti, che nello Stretto la mortalità per tumori polmonari è di 74 casi per centomila abitanti, al di sotto della media regionale che è di 84 casi per centomila abitanti. Nello Stretto a causa dell’alto tasso di radioattività noi ci aspettavamo di trovare un tasso di mortalità di 115/120 decessi all’anno per tumore polmonare. La proteina di superficie, dunque, consentirebbe ai soggetti ne sono dotati di non morire di tumore polmonare e di arrivare a procreare un numero di discendenti superiore a quello dei soggetti non dotati e di trasmettere ad essi le loro caratteristiche genetiche, che quindi aumentano nella popolazione. Noi pensiamo dunque che con questo meccanismo i geni che codificano per fenotipi vantaggiosi aumentano di frequenza da generazione in generazione, mentre i geni che non codificano per fenotipi vantaggiosi a poco a poco scompaiono”.

“Quindi il nostro DNA non può essere sempre lo stesso nel tempo, perché, nonostante lo stesso DNA, il modo in cui si esprimono i geni in risposta alle domane della vita può essere diverso. “Tutto dipende dalle scelte che facciamo, dai nostri comportamenti e anche dalle nostre conoscenze. Insomma, noi non abbiamo lo stesso DNA che avevano i nostri antenati, che vissero sulla terra milioni di anni prima di noi. Abbiamo un DNA più moderno, attuale e coerente con le condizioni ambientali del nostro tempo, in quanto il DNA degli organismi si modifica e incomincia a codificare per fenotipi adatti e appropriati su misura dello stimolo ricevuto”.

Archivio Notizie Corriere di Sciacca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *