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IL NUOVO CAMMINO DELLA SICILIA E’ COMINCIATO DA LAMPEDUSA E DALLA VALLE DEI TEMPLI

Di Calogero Pumilia

L’abbattimento delle costruzioni abusive nella Valle dei Templi libera dagli scempi un luogo di straordinario valore, storico, culturale e ambientale – il più grande parco di archeologia greca del mondo -, ripristina la legalità impunemente violata, dà il messaggio che non è più il tempo di fare ciò che si vuole nell’inerzia e nella complicità delle istituzioni. Fino a poco tempo addietro, fino a quando non tanto una scelta della politica, quanto la ferma determinazione della magistratura, inchieste, appelli e denuncie giornalistiche non avevano sortito alcun risultato, spesso anzi erano stati rintuzzati con fastidiosa sufficienza e si era anche disquisito sulla prospettiva di talune immagini che sarebbero state realizzate per “montare” una questione inesistente.

L’abusivismo nella Valle è stato il caso più clamoroso di aggressione ad un bene unico, espressione della cultura e della storia che sono alla base della civilizzazione occidentale. Come è noto il fenomeno è diffuso e ha riguardato le coste, il paesaggio, gli assetti urbani in un trionfo di illegalità e di ignoranza che hanno sfregiato il nostro più prezioso patrimonio. Silenzi, connivenze e sanatorie hanno segnalato che in Sicilia e non solo in essa, non scattava nessuna sanzione per chi violava le norme. Si è perfino distinto tra l’ abusivismo di necessità e quello speculativo, quasi a dire che il reato non c’è se la refurtiva rimane in famiglia e non si porta al mercato. Alla fine degli anni ottanta, la città di Agrigento fu assediata e isolata per alcuni giorni dagli abusivi che bloccarono le vie di accesso con delle vere e proprie barricate per protestare contro un tentativo di ripristino della legalità. Lo Stato assistette in silenzio per poi cedere e fare assurgere i caporioni a paladini della “povera gente”.

L’aggressione al patrimonio naturalistico ed architettonico dell’Isola e del Paese è proseguita tra una sanatoria e l’altra, un inqualificabile strumento legislativo con il quale lo Stato dichiarava estinto il reato, incassava la percentuale ed incoraggiava un circolo vizioso di comparaggio e complicità. Le denunce apparivano come la fastidiosa tigna di qualche intellettuale o di circoli radical chic. Ciò che è avvenuto nella Valle dei Templi ha proiettato una luce particolarmente negativa sulla Sicilia, è stato come dire che in questa terra tutto, ma proprio tutto si può fare impunemente e che nulla viene risparmiato. L’immagine non è un concetto astratto, è la proiezione esterna di una realtà, il modo in cui essa viene colta, la lettura che si da di una persona, di una comunità e di un territorio.

Le stragi di Palermo del 1992 incisero pesantemente sull’economia della città, determinando tra l’altro il crollo delle presenze turistiche. La mafia e la convinzione anche forzata di un suo dominio assoluto sull’Isola scoraggiano gli investimenti e frenano lo sviluppo. Malgrado l’immondizia nelle strade di molte città, nell’ultimo anno, il turismo è cresciuto anche a causa degli eventi tragici successi in alcuni paesi del Mediterraneo, ma quella presenza non incoraggia un ulteriore, possibile incremento e non induce naturalmente ad un positivo passa parola.

Gli scempi al sistema urbano e all’ambiente riducono la capacità di richiamo dei nostri beni monumentali e paesaggistici. La ricchezza di un paese o di un territorio discende principalmente dalla capacità di organizzare le risorse intellettuali, ambientali e culturali in funzione degli obiettivi da raggiungere.

La ricchezza della Sicilia potrebbe essere garantita dalla sua “normalità”. Ogni costruzione abusiva abbattuta fa vincere la legalità, ripristina la sacralità dei luoghi, contribuisce a modificare l’immagine dell’Isola nel mondo. Deve passare l’idea che siamo dalla parte di Livatino, di Falcone, di Borsellino, di Piersanti Matterella, di La Torre e di don Pino Pugliesi e non da quella di Riina e di Provenzano, che siamo per la legalità, che sappiamo tutelare e valorizzare il nostro patrimonio, che la cultura dell’accoglienza ci distingue da tutti coloro che, in una lotta inane contro la storia, vogliono alzare muri fisici, culturali ed umani, che siamo consapevoli di essere figli delle ibridazioni e delle mescolanze di civiltà diverse che hanno fatto straordinaria la nostra terra.

Lungo questa strada, solo appena iniziata, possiamo liberarci da clichè a volte artificiosi e generalizzati ma spesso meritati, che non ci hanno messo ai primi posti della credibilità nel mondo. Va detto con qualche orgoglio che questo cammino è iniziato prevalentemente nella nostra provincia: da Lampedusa e dalla Valle dei Templi.

Redazione Corriere

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