Il “mistero” delle esplorazioni rumorose nel Canale di Sicilia

Ancora nessuna risposta ai timori della marineria sul minore pescato per effetto del sistema “Airgun”

SCIACCA. L’allarme lanciato dai pescatori risale ad alcuni mesi fa, ma non ci sono ancora risposte del Ministero dell’Ambiente ai quesiti di approfondimento posti dal Dipartimento della pesca Mediterranea della Regione Siciliana, utili a comprendere se vi sia correlazione tra le attività di prospezione marina effettuate nel Canale di Sicilia tramite il sistema “Airgun” e la rilevante diminuzione del pescato registrata nello stesso tratto di mare.
L’allarme dei pescatori
La tecnica consiste nell’emissione di onde acustiche ad alta intensità per mappare il sottosuolo marino. La perturbazione causata dai suoni intensi può portare all’abbandono di habitat importanti per la riproduzione e l’alimentazione, riducendo la diversità delle specie in determinate aree. Ne sono convinti i pescatori, che sostengono di non avere mai trovato il Mediterraneo così poco pescoso come negli ultimi anni. Con la legge 11 febbraio 2019 erano state sospese molte attività collegate alle prospezioni e coltivazioni nel settore degli idrocarburi sino all’adozione del “Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee”. Nel 2021, con il varo del Piano, le attività di prospezione sismica con airgun sono riprese, nonostante poi il Tar lo abbia annullato. Le autorizzazioni a questo tipo di attività sono nazionali e passano sopra le teste delle autorità regionali. Ed è quest’ultima la grande perplessità degli operatori siciliani, costretti ormai da alcuni anni ad affrontare una gravissima crisi per i paletti posti dall’Unione Europea alle attività di pesca nel Mediterraneo. Chiedono ora un più autorevole intervento del governo regionale, finalizzato ad esempio a richiedere a maggiori attività di mitigazione previste dalle norme. Come ad esempio limitare le prospezioni in una certa area per evitare alcuni periodi dell’anno in cui sono presenti specie sensibili.

Costa sta facendo la Regione Siciliana ?
E’ stato l’Assessore Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo rurale e della Pesca Mediterranea, Salvatore Barbagallo, in occasione di un suo intervento all’Ars in risposta ad una specifica interrogazione presentata dal deputato Ismaele La Vardera ed alle costanti sollecitazioni fatte in questi mesi dalle associazioni di categoria, ad aggiornare il caso, senza però fornire novità, se non una “interlocuzione con il Ministero” che non avrebbe ancora risposto. Anche l’Assessorato Regionale all’Ambiente lo scorso aprile si era occupato della questione inviando una nota all’Ispra e all’Arpa. “Abbiamo raccolto le sollecitazioni – dice l’Assessore alla Pesca – pur in assenza di qualsivoglia informazione e/o comunicazione delle autorità nazionali competenti in materia. Attendiamo di acquisire elementi per attivare un eventuale tavolo tecnico”.
Cosa dice il rapporto Ispra 2024
C’è però, bello e pronto, l’ottavo “Rapporto sugli effetti per l’ecosistema marino della tecnica dell’airgun” diffuso da Ministero e Ispra nel dicembre 2024. E su questo documento, che offre tanti elementi, il Dipartimento Regionale alla Pesca potrebbe lavorare per capire cosa chiedere per venire incontro alle preoccupazioni dei pescatori. Purtroppo le conclusioni sono identiche ai precedenti rapporti: “Benché studi e osservazioni mostrino certi effetti nocivi per diverse specie e per lo zooplancton, non vi sono evidenze che alla sorgente di rumore airgun siano direttamente ascrivibili, in via esclusiva, alterazioni sensibili e persistenti agli equilibri ecosistemici marini”. Ma c’è anche un riferimento al principio di precauzione a cui attenersi: “Occorre adottare misure di mitigazione degli effetti documentati del rumore e prevedere, nel processo di autorizzazione, un monitoraggio ambientale, per poter adottare nel caso ulteriori misure di mitigazione in corso d’opera”. In altri Paesi sono più avanti nelle attività di mitigazione: negli Usa, ad esempio, è prevista la presenza di osservatori di specie protette (PSO) a bordo delle piattaforme per le indagini. La sfida sta ora nel trovare un equilibrio tra il bisogno di risorse energetiche e la protezione degli ecosistemi marini, un compito che richiede collaborazione tra scienziati, industrie e autorità.