Giovanni Brusca, il boss corleonese che ha confessato 150 omicidi e che è ritenuto l’uomo che ha premuto il tasto del telecomando della strage di Capaci, è libero. Così come previsto dalla legge sui collaboratori di giustizia, finiti i quattro anni di libertà vigilata, e ora libero e continuerà a vivere sotto falso nome in una località protetta. La notizia ha però suscitato molte reazioni. «Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre – ha detto Maria Falcone, la sorella di Giovanni -. Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno». Brusca ha ricordato Maria Falcone «ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra». «Le confessioni di Brusca – ha aggiunto Maria Falcone – hanno contribuito all’arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti. Tuttavia non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un’area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero».
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