Domani in aula la mozione di sfiducia a Schifani: esito scontato ma sarà un banco di prova

Il voto sarà palese e non segreto: difficile immaginare franchi tiratori pronti a esporsi.

Domani pomeriggio, alle 14, l’Assemblea regionale siciliana si riunirà per discutere la mozione di sfiducia al presidente della Regione Renato Schifani. Un appuntamento che, sulla carta, ha già un esito scritto: i numeri non ci sono e il governatore non rischia la poltrona. Ma, come spesso accade in politica, tutto può accadere. Per mandare a casa Schifani servirebbero 36 voti favorevoli. Le opposizioni partono da 23, quelli garantiti da Pd, Movimento 5 Stelle e Controcorrente. A questi si aggiungeranno i tre deputati di Sud Chiama Nord, come confermato da Cateno De Luca, arrivando così a quota 26. E basta più. È praticamente certo che nessun parlamentare della maggioranza si schiererà apertamente contro il presidente. Anche perché, dettaglio non irrilevante, il voto sarà palese e non segreto: difficile immaginare franchi tiratori pronti a esporsi. La mozione, dunque, non è che un passaggio politico, un banco di prova per misurare la compattezza della maggioranza e la capacità delle opposizioni di fare fronte comune. Un test che anticipa la vera sfida che attende Palazzo dei Normanni: la Finanziaria. È lì che si capirà davvero che aria tira, quali equilibri reggono e quali scricchiolano. La giornata di domani servirà soprattutto a mettere nero su bianco le posizioni. Le opposizioni vogliono segnalare la loro distanza dal governo regionale e denunciare le criticità di una gestione che, a loro dire, non ha saputo affrontare emergenze e programmazione. La maggioranza, invece, dovrà mostrare compattezza e fedeltà al presidente, evitando di lasciare spazio a malumori o distinguo che potrebbero pesare nella prossima partita di bilancio. In definitiva, la mozione di sfiducia non manderà a casa Schifani, ma sarà un termometro politico. Un voto che non cambia i numeri, ma che racconta molto del clima interno all’Ars. Perché se la sfiducia è destinata a cadere, la Finanziaria è dietro l’angolo e lì, davvero, non basteranno i dettagli: serviranno voti, alleanze e compromessi.