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Defibrillatori spesso custoditi in edifici chiusi

Da uno studio di Italian Resuscitation Council emerge che in Italia il 70 per cento di questi apparecchi salvavita si trova in edifici pubblici che nei fine settimana sono chiusi

Sono circa sessantamila gli italiani che ogni anno vengono colpiti da arresto cardiaco. Per ciascuno di loro, il defibrillatore che potrebbe salvagli la vita potrebbe trovarsi a pochi metri di distanza dal luogo in cui avviene l’“incidente”, ma allo stesso tempo potrebbe essere inaccessibile perché custodito all’interno di un luogo che, proprio in quel momento, è chiuso. Infatti, anche se la disponibilità di questi dispositivi in Italia è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, oltre il 70 per cento dei defibrillatori automatici esterni (Dae) si trova in edifici pubblici, uffici e scuole che sono chiusi di sera, nei fine settimana e nei giorni festivi e non è pertanto utilizzabile in caso di necessità. È il dato stimato da Italian Resuscitation Council (Irc) in un contributo pubblicato sulla rivista internazionale Resuscitation Journal. «La gestione dei Dae pubblici è un elemento cruciale per garantire un intervento tempestivo in caso di arresto cardiaco extraospedaliero», commenta Federico Semeraro, presidente di European Resuscitation Council (Erc). L’inizio tempestivo delle manovre di rianimazione cardiopolmonare e l’utilizzo entro tre/cinque minuti del defibrillatore automatico esterno, infatti, possono aumentare del 50 se non addirittura del 70 per cento la sopravvivenza in caso di arresto cardiaco. Tuttavia, solo nel 58% dei casi chi assiste a un arresto cardiaco interviene con le manovre salvavita (massaggio cardiaco, ventilazioni) e nel 28% dei casi anche con il defibrillatore. Per questo, la sopravvivenza finale è di circa l’8 per cento. Purtroppo in molti casi questi apparecchi si trovano in edifici chiusi di sera, di sabato e di domenica e, dunque, erano inaccessibili in caso di necessità per eventi che si sarebbero potuti verificare in queste fasce temporali.

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