A fronte di un export complessivo verso gli Usa pari a circa 66-70 miliardi di euro nel 2024, l’esposizione effettiva delle imprese italiane ai dazi potrebbe riferirsi ad una base tra 45 e 50 miliardi di euro con un costo diretto stimato per le aziende che potrebbe essere tra 6,7 e 7,5 miliardi di euro. Un impatto che però come ha ripetutamente sottolineato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini potrebbe raggiungere fino a 22,6 miliardi, tenendo anche conto del rapporto tra euro e dollaro. I conti sono ancora da definire ma è certo che l’impatto dei dazi al 15% sarà distribuito in modo disomogeneo, con una maggiore pressione sui settori a bassa elasticità di prezzo e una tenuta maggiore per il Made in Italy di fascia alta. A livello territoriale, secondo le elaborazioni dello Svimez, danneggeranno prevalentemente il Nord, area a maggiore trazione industriale e più orientata all’export che vale 5.894 milioni di euro, il 68,32% del totale. Ma in tutte le regioni, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, la riduzione delle esportazioni previste è a doppia cifra con un picco del -34% in Val d’Aosta, seguito dal -19% del Trentino Alto Adige, regioni però dove lo stock di esportazioni è basso rispetto alle più grandi. Secondo le stime del centro studi di Unimpresa, i settori più esposti sono meccanica, chimico-farmaceutico, moda, agroalimentare, trasporti e beni di lusso.
Di seguito gli impatti per settore:
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