La Germania è al centro di un acceso dibattito politico e sociale dopo la decisione di Marla-Svenja Liebich, ex attivista neonazista, di cambiare legalmente genere per scontare una condanna in un carcere femminile. Fino al 2024 conosciuta come Sven Liebich, figura di spicco dell’estrema destra tedesca e già affiliata al gruppo bandito Blood & Honour, Liebich è stata condannata a 18 mesi di reclusione per incitamento all’odio, diffamazione e insulti pubblici, tra cui quelli rivolti ai partecipanti del Gay Pride 20222.
La svolta è arrivata con l’introduzione della nuova legge tedesca sull’autodeterminazione di genere, in vigore dal novembre 2024, che consente di modificare nome e sesso legale con una semplice autodichiarazione e il pagamento di una tassa di 50 euro. Liebich ha così ottenuto il riconoscimento come donna e ha chiesto di essere assegnata al carcere femminile di Chemnitz, in Sassonia1.
La mossa ha sollevato un’ondata di polemiche. Molti osservatori, tra cui giuristi e media come Der Spiegel, ritengono che il cambio di genere sia stato strumentale, una provocazione per screditare la legge e ottenere condizioni carcerarie più favorevoli3. Liebich, nota per le sue posizioni transfobiche e omofobe, aveva in passato definito le persone trans “parassiti della società”4.
Il Ministero della Giustizia ha annunciato che l’ingresso in carcere sarà preceduto da una valutazione psicologica per verificare eventuali rischi per la sicurezza interna. In caso di criticità, Liebich potrebbe essere trasferita in una struttura maschile.
Il caso ha acceso il dibattito sulla legge stessa: mentre i sostenitori la considerano un passo avanti per i diritti delle persone trans, i critici ne denunciano la vulnerabilità ad abusi. Alcuni esponenti politici, soprattutto dell’area conservatrice, chiedono una revisione della normativa per evitare che venga strumentalizzata da chi, come Liebich, ha un passato di odio e provocazione.
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