“Negli uffici della Procura di Palermo io faccio quel che minchia voglio”. A parlare è Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, che ignaro di essere intercettato, inoltre, “rideva della sua scorta e anche dei magistrati”. A narrare gli episodi è il settimanale Panorama, nel numero in edicola da oggi, che pubblica stralci di due intercettazioni ambientali risalenti al 16 novembre e al 1 dicembre 2010: nei nastri era stata registrata la voce dell’ex teste della procura di Palermo, poi arrestato lo scorso 21 aprile con l’accusa di calunnia aggravata.
La procura di Reggio Calabria in quel momento stata tenendo sotto controllo Girolamo Strangi, un commercialista considerato vicino alla ‘ndrangheta. Strangi con Ciancimino parla di fatture false e di 170 mila euro in contanti, da trasportare a Bologna o a Parigi. E Ciancimino si propone di pensarci lui: ”Ti fidi a fare tutto quel percorso in macchina, con i soldi?” chiede. “Io non ho problemi, che sono con scorte e così io passo ovunque. Io ci ho una specie di squadra di calcetto dietro ”.
Ciancimino racconta a Strangi di avere quasi libero accesso agli uffici della procura di Palermo. E che dal computer entra nella banca dati del Viminale. “Negli uffici di Ingroia (il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia) tu digiti un nome dice e gli puoi fare vita, morte e miracoli”. Aggiunge che qualche sera prima c’é stata una riunione alla direzione distrettuale antimafia. “Mi lasciano nella stanza chiusa per non farmi vedere dai giornalisti”, dice. Così, in assenza del magistrato, Ciancimino sostiene di avere armeggiato al suo pc. Poi il procuratore rientra: “E vede che sto al computer. Dice: Lei è bastardo!… Mica mi nascondo, io faccio quello che minchia voglio là dentro, peggio per loro che mi lasciano là. L’altra volta mi sono andato a vedere un file dove c’erano le barche da sequestrare…”.
(Fonte ANSA)
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