C’è chi da alcuni anni identifica la propria città con il Sole, simbolo di vita e principale protagonista nella coltivazione e produzione del vino; chi ha puntato su un romanzo storico come il Gattopardo e sulla cultura; chi su un’altra grande risorsa come gli agrumi. E chi, come Sciacca, non ha ancora deciso se mostrarsi al mondo come città di mare, di ceramica, di terme, di golf o di… carnevale.

La recente collocazione sulla statale 115, all’ingresso del bivio per Ribera, di un monumento all’arancia, mette anche la città di Ribera in linea con le realtà vicine di Menfi, Santa Margherita Belice e Montevago (che ha puntato anch’esso sulle Terme che da quelle parti sono aperte e funzionano).

Il recente Giro d’Italia sembra ci abbia dato una precisa indicazione: l’attuale amministrazione comunale vuole puntare sulla ceramica e non sul carnevale. Nel senso che i banner di saluto collocati in diversi punti della città indicano la volontà di presentare Sciacca come città della ceramica. Non è una cattiva scelta. Ma bisogna farla questa scelta, senza con questo trascurare le altre risorse. Almeno in attesa di conoscere le prospettive che riguardano le Terme o un bene esclusivo come le stufe di San Calogero.

Insomma, creare un simbolo o un valore identitario può essere un preciso segnale, mettendo fine a voglie di mostrare tanto per poi non essere riconosciuto per nulla. Le Terme non dovrebbero avere rivali in questo percorso, ma la scellerata azione di chi le ha avute in mano non ci aiuta ad essere ottimisti.

E nel frattempo sarebbe il caso di preparare una precisa strategia di programmazione e comunicazione. Per non diventare la città villaggio di pescatori tra Menfi e Ribera…

Giuseppe Recca