SCIACCA. Nel febbraio 2019 l’allora sindaco Francesca Valenti, lʼassessore alla Gestione dei Rifiuti Carmelo Brunetto e lʼassessore allʼAmbiente Mario Tulone, firmavano unʼordinanza per ridurre lʼuso della plastica in città. Facendo seguito alle direttive nazionali, l’ente puntava a ridurre ulteriormente la produzione dei rifiuti, a rendere più economico lo smaltimento dei rifiuti, aumentando la quota di rifiuti destinati verso forme di conferimento differenziate e meno costose, a diminuire il ricorso a materie prime non rinnovabili, quali le bioplastiche. Venne annunciato a caratteri cubitali che Sciacca diventava “Comune Plastic Free”. Buone e apprezzabili le intenzioni, ma dopo 6 anni non ci pare che in città la plastica sia stata messa al bando. Si continua a trovare quasi ovunque negli esercizi commerciali. E continua ad essere venduta anche dalle strutture di grande distribuzione. E tutte le iniziative ambientali organizzate dalla associazioni, rischiano di essere inutili. A parte la preziosa sensibilizzazione fatta per i giovani.
L’ordinanza entrò in vigore a partire dallʼ1 aprile 2019 e obbligava gli esercenti le attività commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande, a non distribuire ai clienti sacchetti da asporto monouso in materiale non biodegradabile. Lo stesso provvedimento indicava che a partire dal 1° gennaio 2020, i titolari che esercitano le attività della ristorazione e gli esercizi di generi alimentari e ogni centro vendita di stoviglie per alimentari, dovevano esercitare agli acquirenti esclusivamente la vendita, la distribuzione, lʼutilizzo e il consumo di materiale monouso del tipo biodegradabile e/o compostabile (posate, piatti, bicchieri, cannucce ecc.). Lʼordinanza, infine, faceva obbligo a tutti i residenti e o visitatori di utilizzare esclusivamente “materiale monouso” del tipo biodegradabile e/o compostabile (sacchetti da asporto, posate, piatti, bicchieri, coppe, coppette, ciotole, ciotoline, cannucce, mescolatori per bevande, aste per palloncini, bastoncini cotonati, cotton fioc).
L’Italia ha recepito la normativa nel novembre scorso attraverso il Decreto Legislativo 196, entrato in vigore il 14 gennaio 2022, in cui viene stabilito il divieto di immettere in commercio alcuni oggetti realizzati in plastica. Vengono dettate disposizioni circa le modalità attraverso le quali si intende ridurre, entro il 2026, in modo considerevole, il consumo di determinati prodotti in plastica monouso (tra cui tazze per bevande, contenitori per alimenti con particolari caratteristiche, bicchieri),
Rispetto alla Direttiva SUP, il decreto italiano 196 ammette prodotti che presentano un rivestimento in materiale plastico inferiore al 10% e oggetti realizzati in materiale biodegradabile e compostabile realizzati con almeno il 40% di materia prima rinnovabile (60% a partire dal 2024).
La normativa italiana, inoltre, scoraggia l’utilizzo di plastiche e altri materiali non riciclabili e prevede infatti sgravi fiscali per le imprese che acquistano prodotti realizzati con plastica, carta o alluminio riciclati. Allo stesso modo, è incentivato l’acquisto di imballaggi biodegradabili e compostabili. Le aziende italiane sono inoltre invitate a limitare l’utilizzo di prodotti monouso e ad adottare sistemi di raccolta differenziata. Il credito d’imposta veniva riconosciuto (nel limite massimo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024) nella misura del 20% delle spese sostenute e fino ad un massimo annuale di 10.000 euro per ogni beneficiario.
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