Per la Suprema Corte, “il fondamento costituzionale del nostro sistema penale postula la ‘rieducabilità’ anche del peggior criminale e, pertanto, non può tollerare, neanche come artifizio retorico, la sua reificazione”.
Giacalone, querelato dalla vedova e dai figli del boss, era stato prosciolto dal giudice di Trapani Gianluigi Visco, nel giugno 2016, in quanto l’espressione usata “imponeva al lettore di confrontarsi con il sistema pseudo-valoriale” di Cosa Nostra “di cui era parte l’Agate, in un contesto ambientale nel quale la confusione (o apparente coincidenza) tra valori e disvalori costituisce un obiettivo preciso del sodalizio criminoso”.