Carrozzone AICA, il 5 giugno si abbia il coraggio della scelta: si dia avvio alla procedura di liquidazione

AICA è una azienda speciale consortile che scarica i debiti sui Comuni soci. La forma giuridica della “consortile”, voluta da sindaci e consiglieri comunali, ha consegnato ai cittadini una azienda che anzichè distribuire acqua produce debiti che si scaricano sui Comuni e, quindi, sui cittadini

La forma giuridica peggiore per far nascere AICA è stata scelta dai sindaci e dai consiglieri comunali. Oggi la maggior parte si lava le mani e fa come Ponzio Pilato, mentre le ripercussioni negative ricadono sui bilanci comunali e quindi sui cittadini. Le passività dell’AICA si spalmano sui bilanci comunali. Infatti, essendo AICA una azienda speciale consortile, i suoi debiti possono ricadere direttamente sui Comuni soci, a differenza di una società di capitali. Più AICA continua ad operare in perdita, più espone i Comuni – e quindi i cittadini – a danni finanziari enormi. Mantenere in piedi una società fallimentare senza un piano industriale, senza risorse e senza controllo, è una scelta irresponsabile. Il giugno, data di convocazione dell’Assemblea dei sindaci, deve essere la nuova pietra miliare, la data della svolta, la data per iniziare a staccare la spina del carrozzone pubblico. Non si può più tergiversare: i sindaci devono valutare seriamente la chiusura della gestione, nominare liquidatori e tracciare un nuovo percorso, realistico e sostenibile. In tale contesto serve il ruolo dei Consigli comunali: servono atti di indirizzo chiari. Il 5 giugno ilo sindaco Fabio Termine parteciperà all’Assemblea dei sindaci dell’AICA. Ma nessuna discussione preventiva e di comunicazione ha fatto in Consiglio comunale. Si è sperato che ogni sindaco si presentasse con un chiaro atto di indirizzo votato dal proprio Consiglio comunale, organo rappresentativo dell’intera comunità cittadina. In momenti tanto critici, è fondamentale che le decisioni vengano sostenute da una volontà condivisa e trasparente, nel rispetto della democrazia istituzionale.
L’assemblea del 5 giugno non può esaurirsi in un dibattito sterile o nella sostituzione di qualche nome nel CdA. Deve essere un momento di scelte strutturali: valutare la cessazione dell’attuale gestione;
avviare la nomina dei liquidatori; aprire un confronto serio su una nuova forma di gestione, sostenibile e davvero in grado di garantire un diritto essenziale come l’acqua. Conclusione: chi sceglie di non scegliere, si assume la responsabilità del disastro. I Comuni devono finalmente decidere se vogliono continuare a subire o riprendere in mano la governance del servizio idrico. Chi sceglie di proseguire così, si assume la responsabilità politica e amministrativa di aggravare il dissesto.