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ASP E MEDICO CONDANNATI AL RISARCIMENTO DI 1.030.717 EURO

I fatti si riferiscono al parto avvenuto all’ospedale di Ribera. Riconosciute le infermità e menomazioni causate al neonato per negligenza, imperizia e imprudenza del personale.

Dopi 11 anni la giustizia ha terminato il suo corso riconoscendo un risarcimento del danno, pari a 1.030.717 euro, causato alla mamma e al suo piccolo primogenito. I fatti si sono svolti nel reparto di ostetrica dell’ospedale di Ribera. L’interminabile vicenda svoltasi nelle aule del Tribunale di Sciacca inizia il 15 dicembre del 2001, quando la donna in stato di gravidanza alla quarantesima settimana, avvertendo forti contrazioni uterine, si recava presso il pronto soccorso dell’Ospedale di Ribera dove veniva ricoverata con la diagnosi: “Prima gravidanza a termine”. Ad assistere legalmente la famiglia nella lunga vicenda giudiziaria è stato l’avvocato Fabrizio Maria Sepiacci (Nella foto).

Una gravidanza svoltasi lungo il solco della normalità, conclamata dalle visite di controllo cadenzate. Anche la visita e l’esame ecografico, effettuati presso l’ospedale nello stesso giorno del ricovero, riportarono una situazione del tutto regolare con i parametri nella norma. Le due dottoresse in servizio al momento del ricovero della partoriente, nonostante i forti dolori sempre crescenti e la richiesta della stessa di procedere ad un parto cesareo, decidevano di attendere il parto naturale.

La sera del 16/12/01, mentre la partoriente si sottoponeva per l’ennesima volta a visita di controllo si verificava la rottura delle acque; Una dottoressa, anche se in servizio, quella sera pare si fosse resa irreperibile e, solo dopo ripetuti solleciti telefonici dell’istante e dei propri genitori che l’assistevano, sarebbe giunta in sala parto con notevole ritardo, pare proveniente da Sciacca.

Dal 15 al 17 dicembre l’unico intervento praticato sulla partoriente furono stati 13 tracciati cardiotocografici. Dall’analisi dei tracciati, effettuata dal C.T.P. si evinceva che almeno in sei di essi le contrazioni erano irregolari e dal tracciato delle ore 22,04 del 16 /12/01 l’irregolarità diventa un parametro costante ed inizia a manifestarsi una tendenza alla decelerazione del battito cardiaco fetale.

Nonostante tale quadro di irregolarità, il personale medico che assisteva la partoriente non avrebbe adottato alcun provvedimento lasciando che il feto progredisse fin nello scavo pelvico. Il travaglio durò sei ore, durante le quali i sanitari non furono in grado di far concludere il parto felicemente; Il tutto si sarebbe svolto in un crescendo di confusione. Le due dottoresse, pare in preda al panico, inveivano contro la partoriente accusandola di non collaborare a sufficienza per la riuscita del parto.

Alle 5.30 del 17 dicembre del 2001 a causa della “sofferenza fetale acuta” e della conseguente difficoltà a procedere ad un parto naturale, veniva applicato dal personale medico il forcipe. Finalmente il piccolo riusciva a nascere. Ma il piccolo, già da tempo in asfissia, veniva condotto in sala di terapia intensiva per la rianimazione e veniva assistito dai sanitari del reparto pediatria.

Constatato il grave stato di sofferenza veniva trasferito presso la terapia intensiva dell’IMI di Palermo ove veniva ricoverato con la diagnosi di “sofferenza perinatale”.

Alla mamma, stremata dal parto e terrorizzata dalla condotta delle due dottoresse ed in apprensione per il nascituro, non sarebbe stata fornita alcuna notizia sullo stato di salute del figlio. Solo con l’arrivo del primario, la mamma veniva informata che il neonato stava per essere trasportato di urgenza a Palermo “perché stava poco bene” Il 22 del mese di dicembre, finalmente, la mamma veniva dimessa dall’Ospedale di Ribera ma non riusciva a raggiungere il suo piccolo perché non ancora guarita, provata fisicamente e moralmente, sfibrata per il trattamento ricevuto e per lo sforzo profuso.

La vicenda si è riversata sul piccolo nei confronti del quale sono stati necessarie cure di riabilitazione. I danni subiti a causa di “per negligenza, imperizia e imprudenza del personale” sono rimasti segni indelebili sul piccolo. A distanza di 11 anni giustizia è fatta, almeno dal punto di vista del risarcimento del danno.

Redazione Corriere

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