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AICA, don Marco Damanti: “Non è quello che ci aspettavamo dal servizio pubblico”

“Le associazioni e i movimenti per l’acqua pubblica hanno lottato per anni per liberare il servizio idrico dal privato e farlo tornare alla gestione pubblica per migliorarlo e per mettere al centro l’interesse del cittadino utente. Adesso con AICA nulla di quanto ci aspettavamo si sta realizzando e le previsioni, in considerazione della partenza, non sono rosee”. A parlare è don Marco Damanti, vicario foraneo e parroco della chiesa dei santi Pietro e Paolo di Favara, un sacerdote che ha partecipato e partecipa in tutti i percorsi per riscattare il territorio dall’abbandono della politica incapace di migliorare la qualità di vita dei cittadini.

Don Marco era presente alle manifestazioni in difesa dell’acqua pubblica e i locali della sua parrocchia hanno accolto diversi incontri tra i movimenti, le associazioni e le istituzioni con l’unico obiettivo di dare al cittadino un servizio essenziale migliore, dai costi più bassi e non precluso alle fasce più deboli della società civile.

“AICA – continua don Marco – non può essere una sostituzione, quando tutti noi ci aspettavamo la rivoluzione del sistema che mettesse in discussione quanto è accaduto dal 2007 ad oggi sulla pelle dei cittadini della provincia. I movimenti e le associazioni per l’acqua pubblica hanno messo nelle mani dei sindaci dei comuni che fanno capo all’Aica i risultati della loro fatica per continuare un percorso migliorativo nella qualità e nei costi. La stessa richiesta dell’autobotte in caso di carenza di approvvigionamento la dice lunga sugli errori iniziali di AICA, quando tra l’utenza e il gestore si è alzato il muro invalicabile della burocrazia. L’acqua non è una merce qualsiasi”.

Ora don Marco Damanti non ha l’abitudine di dare fiato alla bocca senza dare seguito alle sue parole. “Le persone iniziano a dire che era meglio prima ed è un fatto gravissimo. Fatto che chiede un immediato confronto con i movimenti e le associazioni per un’analisi sull’inizio della nuova gestione che si fa difficoltà, al momento, a chiamarla pubblica, almeno per come speravamo fosse”.
Filippo Cardinale

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