AGRIGENTO- Si è soliti far emergere i debiti di AICA, specie quello enorme nei confronti di Siciliacque, la società che fornisce l’acqua ad un prezzo esoso di 0.70 centesimi al mc ad AICA e di cui la Regione siciliana detiene il 25% del capitale. Il contraltare, tuttavia, ha lo stesso livello di importanza ed è la montagna di crediti che AICA vanta nei confronti dei Comuni che sono anche soci della società idrica. Non è certo un bell’esempio quello dei Comuni morosi. Ma è giusto che i cittadini sappiano. La presidente Danila Nobile è determinata ad adottare quei provvedimenti duri per il recupero dei crediti e scaduto il termine del 15 settembre, dato ai Comuni morosi per mettersi in regola, da oggi la società idrica può attivare le procedure annunciate per recuperare i crediti e tutelare il servizio. Di certo è uno scontro aperto, ma giusto. Non è tollerabile che il Comune di Palma di Montechiaro deve oltre 2,1 milioni, quello di Canicattì e Licata con circa 1,7 milioni ciascuno, Agrigento con più di 1,3 milioni, oltre a numerosi altri centri della provincia che non hanno onorato i pagamenti. «Ad oggi – dice la presidente Nobile – i comuni con i debiti maggiori non hanno pagato. Soltanto qualche piccolo ente ha saldato i debiti». La linea dura di AICA è chiara per il recupero dei crediti: pignoramenti diretti nei confronti delle amministrazioni inadempienti. Poi la riduzione dell’erogazione idrica fino alla soglia del minimo vitale, per obbligare i Comuni a muoversi. AICA prevede anche di segnalare le inadempienze dei Comuni alla Corte dei Conti per le eventuali responsabilità contabili e di chiedere il commissariamento ad acta degli enti che continueranno a restare fuori regola. La società idrica si pone davanti a inevitabili ricadute anche sulla popolazione. Il rischio immediato riguarda i tagli nell’erogazione, con possibili proteste e tensioni sociali. Dall’altro lato c’è la sopravvivenza di AICA.
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