Termine e alleati: come il film “Parenti serpenti”. Le “bombe politiche” ad orologeria del sindaco

Ieri sera il Consiglio comunale si è trasformato nel teatro dell’assurdo. Il drammaturgo Pirandello non avrebbe fatto di meglio rispetto al copione scritto da Fabio Termine, Pd, M5s, Avs. Di tutto e di più, dal “ricatto” denunciato dal sindaco al “c’è o ci fa” della Campione

SCIACCA- Diciamocelo chiaramente, l’opposizione (o le opposizioni) dei 17 consiglieri comunali che siedono di fronte i banchi della colazione Termine non avrebbero potuto essere più duri e spietati rispetto agli (ex) alleati del sindaco, il Pd, M5S e Verdi. Ieri sera, nella riqualificata aula consiliare, la colazione che governa(va) la città ha usato l’artiglieria pesante. Dal “ricatto” pronunciato dal sindaco, al “c’è o ci fa” della consigliera comunale. Teatrale il passaggio della Campione: “Lei, sindaco, offende. O lo fa senza rendersi conto di ciò che dice, o si rende perfettamente conto e offende di proposito”. Il sindaco, nel suo intervento, sviluppa l’inanellarsi di riunioni nella sua versione che viene contraddetta da quella narrata dai consiglieri Ruffo e Modica. Ma c’è di più, la decisione del sindaco di defenestrare gli assessori Gulotta, Di Paola e Curreri viene ufficializzata mezz’ora prima che iniziasse la seduta consiliare. Il diavolo e l’acquasanta. Si perché prima dell’inizio della seduta del Consiglio comunale l’arciprete ha benedetto sala Falcone-Borsellino riqualificata e resa bella, solenne. Ma dopo l’acquasanta è arrivato il diavolo trasformandola in un campo di battaglia e rinverdendo il film di Mario Monicelli, “Serpenti parenti”. In sintesi la trama: spaventati dall’idea di rinunciare ai propri spazi e alla propria quotidianità, figli e consorti iniziano a riunirsi all’insaputa degli anziani genitori, che avevano deciso di non voler vivere più da soli, tentando di scaricarsi la responsabilità a vicenda. Gli alterchi che ne derivano smascherano tutta l’ipocrisia, i segreti, i rancori, le gelosie e la gretta materialità del parentado.
Questa scena si è ripetuta ieri sera in Consiglio comunale con un atto finale degno delle “sciarre” tra comari all’interno di un cortile.
Mentre scrivo, non posso non ricordare la coincidenza di due fatti che hanno scombussolato il mondo del parentado dell’alleanza di sinistra. Una sinistra che più sinistra di così non si può. San Silvestro e la vigilia di San Martino. Era il 31 dicembre dello scorso anno, ultimo giorno utile per il tesseramento al Pd. Fabio Termine e il suo ristretto gruppo di Mizzica, ormai scioltosi come neve al sole, si tessera al Pd, quel partito vituperato con tanto di video prima dell’alleanza elettorale. Il sindaco sferra l’attacco al deputato e capogruppo all’Ars del Pd, Michele Catanzaro e aderisce alla corrente contraria a quella del medesimo deputato. Un colpo magistrale eseguito con una segretezza invidiata anche dalla Cia. Tu quoque, Brute, fili mi! Il Cesare di oggi avrebbe sostituito Brute in Fabius. Arriva la vigilia di San Martino. Mentre si attende l’arciprete per benedire la restaurata sala consiliare, arriva una nota stampa di quattro righe in cui il sindaco comunica che “a seguito della sottoscrizione del documento presentato in Consiglio comunale nella seduta del 3 novembre, con dispiacere per il legame personale instaurato. ho deciso a causa del venir meno del rapporto fiduciario, di procedere alla revoca degli assessori Simone Di Paola, Valeria Gulotta e Alessandro Curreri che ringrazio per l’attività svolta”. Simone Di Paola accettò l’incarico di assessore per rappresentare una cerniera tra le fibrillazioni sorte tra il sindaco Fabio Termine e il deputato Michele Catanzaro. Valeria Gulotta fu sacrificata sull’altare di una regola non scritta del Pd secondo cui un consigliere comunale del partito nominato assessore si deve dimettere da consigliere. E così fece la Gulotta che oggi si trova fuori dal Palazzo di Città. Mentre Alessandro Curreri dovrà ritornare ad ammirare la Torre di Pisa. Si era messo in aspettativa dal lavoro in un ente pubblico per svolgere il ruolo di assessore e prendere l’indennità assessoriale. Della nota nessuno dei consiglieri del Pd, M5S e Verdi sapeva dell’esistenza. Tanto è vero che il Pd era assente alla benedizione dell’arciprete perché riunito dopo la bomba gettata dal sindaco.
A luglio era stato il Pd a richiedere una rimodulazione delle deleghe assessoriali per “dare slancio” all’attività amministrativa. Ciò dimostra che gli stessi alleati percepivano l’esigenza di una svolta all’appiattimento di una macchina amministrative e politica ormai al passo. Da quella data nessuna riunione e nessun chiarimento si è avuto.
La nota di defenestrazione ad opera del sindaco dei tre assessori ha fatto anche un miracolo: ha fatto parlare il consigliere Giuseppe Ambrogio che ha dimostrato di proferire parole. Parole di critica nei confronti del sindaco. Durissimi gli interventi dei consiglieri Modica, Ruffo, Campione e Curreri. Loro hanno narrato le vicende da luglio a ieri in maniera opposta a quella del sindaco. La spaccatura è pesante, lacerante, non riparabile. Gli alleati perderebbero la faccio di fronte all’opinione pubblica. Il sindaco ha scritto che è venuto meno un rapporto fiduciario. L’ipocrisia vuole anche che lo stesso, nel suo intervento, si renda disponibile ad una nuova spinta al progetto politico. Un progetto i cui ingegneri hanno sbagliato i conti ed è crollato come pasta frolla. L’ironia della sorte. Dai banchi dell’opposizione, Fabio Termine massacrava Francesca Valenti ripetendo come un disco incantato che il suo progetto è stato un fallimento. Oggi, è il suo ad essere fallito. Fabio Termine da quando indossa la fascia tricolore ha dissipato la forza propulsiva del movimento Mizzica, ha perduto tre consiglieri comunali, Catanzaro, Modica e Campione. Ha liquefatto la coalizione di sinistra. Ha dichiarato guerra al deputato Michele Catanzaro tesserandosi al Pd ma aderendo alla corrente contraria a quella del deputato. Un record che nessuno aveva mai raggiunto. A questo punto, come è stato ventilato negli interventi dei consiglieri comunali delle opposte parti, una mozione di sfiducia bipartisan appare l’atto più coerente ridando la parola agli elettori. Sono state chieste anche le dimissioni del sindaco, ma in un Paese in cui le dimissioni sono materia sconosciuta, il sindaco sembra intenzionato a procedere da soli. La solitudine dei numeri primi. “Il domani è già ora” era lo slogan del candidato sindaco Termine. Ma ieri è diventato il presente e Termine continua il vizio del governo di sinistra quando tiene le redini della città: il corposo e costante cambio di assessori. Come prima, più di prima. Il sindaco ha parlato di “ricatto” (politico). Doveva andare fino in fondo per quel principio di trasparenza che vanta e dire di che ricatto si tratta e chi lo ricatta. La generalità è uno scudo troppo comodo e sa di vecchio.