Sanità pubblica in crisi: 13 miliardi persi e famiglie sempre più sole

Ill Rapporto Gimbe lancia l’allarme: il Servizio sanitario nazionale arretra, mentre cresce il peso della spesa privata. In tre anni, oltre 41 miliardi pagati di tasca propria dai cittadini. E il Pnrr arranca.

La sanità pubblica italiana sta vivendo una lenta agonia che rischia sempre di più di spalancare le porte al settore privato. È il quadro allarmante tracciato dall’ottavo Rapporto Gimbe, presentato alla Camera, che fotografa un Servizio sanitario nazionale (Ssn) sempre meno sostenibile ed efficiente. Tra le criticità principali: aumento della spesa privata, rinuncia alle cure, carenza di personale e ritardi nell’assistenza territoriale. Dal 2021 al 2024, il Ssn ha perso 13,1 miliardi, mentre le famiglie hanno dovuto coprire 41,3 miliardi di spese sanitarie. Un italiano su dieci ha rinunciato a curarsi.

Nonostante l’Italia sia seconda in Europa per numero di medici, resta indietro sul fronte infermieristico: solo 6,5 ogni 1.000 abitanti, contro una media Ocse di 9,5. Mancano all’appello oltre 5.500 medici di base. E il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) registra ritardi pesanti: appena il 4,4% delle case della comunità è pienamente operativo. «Il Fondo sanitario nazionale è aumentato di 11,1 miliardi nel triennio 2023-2025 – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – ma la percentuale sul Pil è scesa dal 6,3% del 2022 al 6% nel 2023, per attestarsi al 6,1% nel 2024-2025. È un lento smantellamento del Ssn che favorisce gli interessi privati».

Il rapporto ha riacceso il dibattito politico. Licia Ronzulli (FI) respinge il quadro troppo negativo: «Il sistema soffre, ma non è in ginocchio. Il governo ha valorizzato il personale e rafforzato l’assistenza». Di tutt’altro avviso Ilenia Malavasi (PD): «L’Esecutivo è immobile, incapace di affrontare la carenza di infermieri e medici di base, e di portare avanti le riforme territoriali».