I dubbi di un comitato sul dissalatore che dovrebbe risolvere i problemi idrici in provincia di Agrigento

Una organizzazione di associazioni e cittadini è stata costituita a Porto Empedocle per chiedere chiarimenti sull’opera con cui la Regione fornirà 100 litri di acqua in più al territorio
Si è costituito a Porto Empedocle il comitato Mare Nostrum, composto da associazioni e liberi cittadini con lo scopo di vigilare sulla vicenda del dissalatore a Porto Empedocle. L’installazione dell’impianto rientra negli interventi previsti per far fronte alla crisi idrica che attanaglia la Sicilia. Però a differenza di Gela e Trapani, a Porto Empedocle sta creando incertezze e dubbi. Il sito prescelto per la realizzazione del dissalatore mobile, rientrante nell’area in concessione ENEL, non convince le associazioni e i cittadini. “Ci saremmo aspettati, per fatti logici, tecnici ed economici – scrivono dal Comitato – che il sito prescelto fosse individuato nell’area ASI, in coincidenza con i siti già adibiti, nel passato, alla identica funzione, e pertanto già dotati delle infrastrutture civili, in acqua e a terra, utili e necessarie al completamento dell’impianto e al collegamento con la rete idrica principale». Secondo le associazioni “mancano i requisiti di provvisorietà per l’impianto in corso di realizzazione che, in relazione ai costi, alla potenzialità e alle opere civili sull’intero territorio comunale, appare quale impianto definitivo e non certo provvisorio, con ciò costituendo una negativa ipoteca su quella porzione di territorio per la quale, a fine concessione ENEL, era invece auspicabile una riconversione ambientale e turistica, oggi del tutto preclusa in relazione alla presenza di tale impianto di dissalazione». Qualche tempo fa anche alcune associazioni avevano espresso critiche. In particolare, erano stati evidenziati limiti a carattere ambientale e igienico sanitario del progetto, che è stato opportunamente interessato, proprio su tali punti, da alcune prescrizioni degli enti competenti, con riferimento sia al prelievo di acqua salata, sia al rilascio delle salamoie discendenti dal processo. Ma tutto questo – dicno al comitato – non basta. Chiedono di sapere come mai l’intervento sia stato realizzato su un’area in concessione demaniale a un soggetto privato, piuttosto che sull’area pubblica ASI, ma anche di conoscere nel dettaglio quale sia lo strumento amministrativo con il quale si garantisce, e per quanto tempo, la “convivenza” tra la centrale elettrica ENEL e il dissalatore per uso idropotabile. “Non è possibile – scrivono – che con il pretesto della carenza idrica, ci impongano queste pesanti soluzioni”.