E’ allarme sociale: la violenza giovanile sostituisce la guerra di mafia

A pochi metri dal luogo dell’omicidio di Paolo Taormina si trova il locale dove, prima della strage di Monreale, i responsabili si scattarono un selfie: un inquietante parallelismo che rafforza l’idea di una deriva criminale giovanile sempre più strutturata.

PALERMO. Non è più la mafia a dettare le regole del sangue. Oggi, nella città simbolo della Sicilia, si muore per mano della violenza urbana, in un contesto che desta crescente preoccupazione tra cittadini, istituzioni e forze dell’ordine. L’ultimo episodio, consumatosi nella notte tra sabato e domenica nei pressi del Teatro Massimo, ha scosso profondamente l’opinione pubblica: Paola Taormina, 21 anni, è stato ucciso in un locale del centro storico. Ciò che è accaduto non è solo un problema palermitano, è il problema di una società dove la vita umana sembra non valere nulla. Il caso Taormina non è un episodio isolato, ma il sintomo di un malessere profondo che attraversa le nuove generazioni, tra disagio sociale, emulazione criminale e assenza di riferimenti educativi.

A confessare l’omicidio è stato Gaetano Maranzano, 28 anni, originario del quartiere Zen, già fermato dai carabinieri. Palermo, ogni giorno meta di turisti da tutto il mondo, ospita una vasta comunità studentesca proveniente da tutta la Sicilia, in particolare dalla fascia sud-occidentale. Giovani che animano la vita notturna del centro storico, ma che si trovano sempre più spesso a convivere con una realtà inquietante: quella di coetanei che girano armati di coltelli e pistole. “Porto sempre la pistola con me perché Palermo è una città violenta”, avrebbe dichiarato Maranzano durante l’interrogatorio davanti ai pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Ornella Di Rienzo. Secondo quanto emerso, la vittima sarebbe intervenuta per sedare una rissa, pur non coinvolgendo direttamente Maranzano. Tuttavia, tra i due vi erano già tensioni pregresse legate a presunti sfottò rivolti alla compagna dell’aggressore. L’autopsia, prevista per oggi, chiarirà le dinamiche del colpo mortale, inizialmente ipotizzato alla testa ma senza foro di uscita rilevato sul cadavere. Il fermo di Maranzano è stato convalidato, ma le indagini proseguono: si ipotizza il coinvolgimento di almeno un’altra persona, forse il conducente dello scooter usato per la fuga. Gli inquirenti sospettano che l’indagato possa far parte di una gang che da mesi semina terrore in città. A pochi metri dal luogo dell’omicidio si trova il locale dove, prima della strage di Monreale, i responsabili si scattarono un selfie: un inquietante parallelismo che rafforza l’idea di una deriva criminale giovanile sempre più strutturata.