Crisi comunale tra “l’assurdo” e una relazione annuale stilata dagli assessori defenestrati dal sindaco. Stasera Consiglio comunale
La crisi politica tutta all’interno della coalizione del sindaco Fabio Termine è destinata ad un punto di non ritorno e segna la costante del ripetersi di fatti che caratterizzano la sinistra quando è alla guida amministrativa della città. Basta compiere a passi a ritroso: dimissioni sindaco Vito Bono, azzeramento forzato ad opera della sindaca Francesca Valenti e adesso la questione del sindaco Fabio Termine
SCIACCA- Ci sono elementi che legano le amministrazioni di sinistra alla guida della città, ad iniziare dalla sindacatura Vito Bono e finendo con quella di Fabio Termine, passando dal mandato sindacale di Francesca Valenti. L’amministrazione targata sinistra soffre di una malattia comune, il litigare. In Sicilia il partito è spaccato in due all’insegna di una comicità mista alla drammaturgia. Ma è Sciacca che ci interessa. Questo passaggio palermitano è obbligatorio poiché rende ridicolo l’idea di interessare la segreteria romana del Pd quando essa stessa ha un nodo enorme da sciogliere: la questione siciliana. La smania di considerare Sciacca al centro del mondo è indomabile.
Nel triennio di guida dell’amministrazione di Fabio Termine ci sono elementi costanti di “assurdo”. Un aggettivo che l’attuale sindaco ripete come un disco incantato imputando la colpa ad altri. Assurdo è quando un fatto nasce da un diverbio, da una incomprensione, tra due persone. Nel caso del sindaco Fabio Termine “l’assurdo” è a senso unico, circondato esclusivamente nell’ambito del suo essere, della sua postura, della sua visione (piuttosto ristretta da consigli quasi sempre poco illuminati). Insomma, quando si rimane ad essere solo contro tutti, “l’assurdo” è necessario trovarlo nella propria impostazione mentale e posturale. Il beneficio del dubbio non esiste nel sindaco Fabio Termine, neanche all’evidenza di una corale insofferenza espressa anche per iscritto dai suoi alleati. Insofferenza che non risiede solo nel Pd, ma anche nel M5S e nei Verdi. Insomma, il dubbio non assale il sindaco ed egli non si pone l’interrogativo se la questione trova fertilità nel suo modo di essere e di fare visto che c’è una vasta coralità che evidenzia il suo modo di operare e di essere “leader” di una coalizione. Leader è quando si ha la capacità di aggregare, capo quando si impone un carattere autoritario. Quando gli alleati hanno sete di chiarezza, di dialogo, di esporre esigenze organizzative, e come contraltare viene eretto un muro, è pleonastico che si arrivi al punto “dell’assurdo” di cui parla a ripetizione il sindaco. All’aggettivo assurdo aggiunge la grave affermazione di “ricatto”. Abbia il coraggio, la trasparenza, la correttezza, di dire chi lo ricatta, come lo ricatta e perché lo ricatta. Parliamo di ricatto politico, ovviamente.
Se consiglieri comunali e tre assessori (su sei) della sua coalizione arrivano al gesto estremo di presentare, nel corso di una seduta consiliare, un documento politico di critica nei confronti del sindaco, significa che il nocciolo della questione è critico e serio. Il buon senso di chi intende assumersi a leader non è quello, certamente, di defenestrare assessori e consiglieri firmatari del documento politico mezz’ora prima dell’inizio della seduta consiliare. Ricorda quel pargolo che, arrabbiato, prendeva il pallone e andava via mettendo fine alla partita di calcio che solitamente si disputata nelle stradine paesane.
Fabio Termine è stato spietato contro il Pd maltrattandolo e criticandolo in modo pesante, fino al limite della diffamazione. Poi stringe una alleanza elettorale che lo porta, al ballottaggio, alla vittoria. Fabio Termine santifica e beatifica il Pd, dunque. Stoppa il candidato Salvatore Mannino e lo designa assessore.
Primo atto dell’assurdo, Dopo un anno, il sindaco defenestra Mannino per consentire l’ingresso in giunta del grillino Alessandro Curreri, pur essendoci una poltrona vacante. Tra meno di un mese compie un anno la defenestrazione di Mannino. Lo stesso dichiarò, smentendo il sindaco che c’era un accordo di rotazione che Mannino aveva accettato”. E spiega: “Per quanto riguarda l’aspetto politico, ero stato proposto candidato a sindaco dal Pd e avevamo già cominciato a mettere in moto la macchina organizzativa. Il mio obiettivo era quello di riunire tutto il centrosinistra. Abbiamo iniziato delle discussioni con Mizzica. Sono giunto alla conclusione di compiere un passo indietro dando la possibilità a Fabio Termine di essere il candidato sindaco, sperando di vincere. Credo di avere contribuito fortemente all’elezione di Termine a sindaco”. Mannino, conoscendo la politica, dice che “ha atteso serenamente le determinazioni del sindaco”. “Non mi sono dimesso e questo ha un chiaro significato politico”, chiosa Mannino. “Non avevo nessun motivo per dimettermi. Il sindaco mi ha nominato, il sindaco mi ha revocato”.
Altro assurdo. Il sindaco, assente in Consiglio comunale, riceve un documento politico consegnato alla Presidenza del Consiglio con cui gli assessori Simone Di Paola, Valeria Gulotta e Alessandro Curreri, insieme ai consiglieri del Pd e la verde Daniela Campione, criticano la mancanza di un dialogo col sindaco e invocano chiarezza anche per dare slancio ad una azione amministrativa afflosciatasi. La risposta del sindaco è quella di diramare, mezz’ora prima della celebrazione della seduta consiliare, di una nota con cui defenestra i tre assessori e i consiglieri comunali della coalizione. Una defenestrazione avvenuta senza preavviso. Come una sorpresa nell’uovo di Pasqua. Il sindaco ha reagito. Ma un leader di coalizione deve possedere la statura per essere riconosciuto tale e non deve dare impulso a scatti reattivi non consoni al profilo di sindaco e capo della coalizione.
Altro “assurdo”. Il sindaco ha defenestrato due assessori del Pd. Valeria Gulotta, anche vice sindaco, che ha dato in questi tre anni anima e corpo per gestire deleghe complesse. La Gulotta, per dare ossequio ad una regola non scritta assurda del Pd, si dimette da consigliere comunale per entrare in giunta. E’ stata la prima eletta del Pd. Ora è fuori del Palazzo. Simone Di Paola è stato segretario provinciale del Pd, si è dimesso per entrare in giunta per sostenere quel “cambio di passo” ad una azione amministrativa a passo di lumaca. Di Paola non è più segretario provinciale né assessore. Alessandro Curreri ha conservato il seggio ma non è più assessore pur spendendosi nell’espletare deleghe anch’esse complesse e astruse come quella dei servizi a rete. L’assurdo degli assurdi è che nella relazione annuale del sindaco, all’ordine del giorno della seduta comunale di questa sera, ci sono capitoli scritti dai tre assessori defenestrati, quegli stessi nei confronti dei quali il sindaco ha dichiarato che è venuto meno il “rapporto di fiducia”. Il sindaco dovrebbe disconoscere il lavoro compiuto dai tre assessori, visto che non hanno meritato la sua fiducia.
Altro assurdo. Risale al 31 dicembre scorso. Si ricorda che Fabio Termine è stato eletto anche con l’apporto determinante del Pd, partito che ha criticato aspramente. Dunque, ha stretto una alleanza col Pd del deputato e capogruppo Pd all’Ars, Michele Catanzaro. Correttezza vuole che venga mantenuto un rapporto leale e non “assurdo”. Ma il 31 dicembre, ultimo giorno del tesseramento del Pd, Fabio Termine, nel silenzio degno dei servizi segretai americani, con tutto il suo gruppo di affezionati, transita da Mizzica, liquefacendo il movimento civico, al Pd. Ma l’assurdo è che si tessera con la componente contraria a quella del deputato Michele Catanzaro. Siamo all’apice dell’assurdo.
Adesso si attende il 27 novembre per una direzione locale del Pd. Ci sarà poco da chiarire, il teatro dell’assurdo ha raggiunto il punto del non ritorno. E ritorna in mente la favola “Al lupo, al lupo”. Dopo tanti falsi allarmi per il gioco di un bambino, il lupo venne davvero. La favola del vittimismo non ha pià più pubblico anche fuori dal Palazzo di Città. Rimettere la volontà agli elettori è cosa giusta. Il Pd faccia il passo di responsabilità. La città ha bisogno di certezza, visione, capacità amministrativa mista a costanza.




