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CHIESA B.M.V. DI LORETO, PER IL PRIMO ANNIVERSARIO UN INTERESSANTE OPUSCOLO CHE DA’ RISPOSTE AI “MORMORII”

Per il primo anniversario dell’apertura della chiesa B.M.V di Loreto (alla Perriera), la comunità parrocchiale ha immortalato il lungo e tortuoso camino in un opuscolo che si rivela un interessante scrigno di notizie sull’arredamento, sull’architettura, sulle opere artistiche. Vogliamo essere chiari: uno dei punti cardini del dettato cristiano è quello di non vedere la pagliuzza negli altrui occhi mentre si trascura di vedere la trave che si ha nei propri. Alcune scelte d’arredamento operate all’interno della parrocchia hanno destato mormorio. L’opuscolo conduce il lettore in un percorso lungo il quale trova le risposte.

Non poteva essere celato, nella premessa dell’opuscolo, il lungo e tortuoso cammino costellato da tempeste burocratiche. “Una lunga attesa- scrive Rossana Puccio- operosa, sofferta. Un lungo e articolato iter che ha messo a dura prova la resistenza di noi parrocchiani”. E a ripercorre il lungo cammino, come quello degli ebrei guidati da Mosè lungo il deserto per raggiungere la Terra promessa, “si rischia di compilare un estenuante folle report con al centro l’inefficienza e le storture burocratiche”, aggiunge Rossana Puccio.

Ma alla fine, la “Terra” promessa è stata raggiunta e le fatiche, le delusioni, le amarezze, sono alle spalle. “Che gioia straordinaria l’apertura delle porte, l’affluire numeroso e festoso, quasi incredulo, all’interno degli spazi nuovi, finalmente pronti ad accogliere, ad essere esplorati e vissuti”, continua Puccio.

Gli “spazi nuovi” hanno destato anche perplessità tra i fedeli, suscitate dalla novità di certe immagini, “quasi scandalose nel loro proporsi fuori dagli schemi usuali, la ricchezza di simbolismo giocosi e inconsuete ricerche espressive”. E qui entra in soccorso dei dubbiosi, don Gino Faragone, l’esempio di un Giobbe del ventunesimo secolo. Ha incoraggiato quando tutti si era nello sconforto. Ha dato speranza quando questa era giunta alla stremo. Don Gino, nell’opuscolo spiega tutte le ragioni di talune scelte. Ecco perché l’opuscolo diventa una guida necessaria per non cadere nel peccato della mormorazione. Don Gino richiama un versetto nel Salmo 30 “che ci ha accompagnato durante questi lunghi anni di attesa”, scrive: “Hai mutato il mio lamento in danza”. Don Gino, con la citazione, intende esprimere il “canto” della comunità dei fedeli come ringraziamento al Signore “che ha trasformato la nostra tristezza in gioia, il nostro lamento in danza”.

Chi entra nella chiesa B.V.M di Loreto avverte subito “un gioco di colori, una varietà di immagini, percepisce quasi fisicamente un caloroso abbraccio”. Riportiamo qui solo alcune risposte ai perché che in molti si sono posti. Il fedele può trovare tutte le risposte leggendo l’opuscolo che con gioia don Gino distribuisce.

Il Tabernacolo (o custodia eucaristica) . La posizione suscita le principali perplessità. Non si trova dietro l’altare, come di consueto. Si è pensato- spiega don Gino- ad un luogo distinto dall’aula liturgica. Il Tabernacolo, infatti, si trova in una cappella idonea per l’adorazione e la preghiera personale. “Ciò evita di proporre simultaneamente il segno della presenza sacramentale e la celebrazione eucaristica”.

Il Crocifisso. Realizzato da Josephine Bonì, si trova al centro della Chiesa, come albero della vita. La sua collocazione al centro richiama l’antifona della liturgia latina nel giorno dell’Esaltazione della Croce.

La tela della Danza. Collocata a destra dell’aula eucaristica, la tela di Josephine Bonì non sfugge al “mormorio” dei fedeli. A primo sguardo dà la sensazione di una danza dei fasti del Gattopardo. Don Gino spiega che la chiesa delle origini praticava la danza con uno spazio fisso nel culto, in continuità con la cultura ebraica. “A distanza di qualche secolo, in contrasto con il mondo ellenistico-romano, la danza finì per essere interpretata come opera diabolica e nel Medioevo era considerata peccato. Una concezione che ha creato tensioni fino ai nostri giorni. Da qualche decennio la danza sta ritornando nelle nostre celebrazioni con nuove espressioni religiose, interpretate con linguaggio di fede. E un modo gioioso e distensivo per pregare con il proprio corpo”. La tela di Josephine Bonì sembra fuori dal contesto di un luogo di culto, specie per chi è rigidamente “educato nel rispetto delle forme più classiche della religiosità”. “La tela della danza- spiega don Gino- traccia una nuova strada, che potrà essere percorsa da chi vorrà accettare la sfida della novità dello Spirito”.

Rimandiamo, per ovvi motivi di spazio, la risposta degli altri perché alla lettura dell’opuscolo, che consigliamo davvero.

Redazione Corriere

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