Calenda lancia petizione per commissariare la Sicilia

Il leader di Azione ha chiamato in causa anche l’attuale presidente Renato Schifani, accusandolo di essere parte di un “sistema malato” che non garantisce ai cittadini siciliani i servizi essenziali

Carlo Calenda e il suo partito Azione hanno annunciato il lancio di una petizione per chiedere il commissariamento della Regione Siciliana. L’iniziativa è stata presentata al termine dell’audizione della commissione nazionale Antimafia, che ha ascoltato il deputato regionale Ismaele La Vardera sulla vicenda della spiaggia di Mondello e della società Italo Belga.

Calenda ha puntato il dito contro l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, ricordando la condanna definitiva per favoreggiamento aggravato alla mafia e criticando il suo ritorno nella vita pubblica. «Non si è mai visto che una persona condannata torni a occuparsi della cosa pubblica con gli stessi incarichi di prima», ha dichiarato.

Il leader di Azione ha chiamato in causa anche l’attuale presidente Renato Schifani, accusandolo di essere parte di un “sistema malato” che non garantisce ai cittadini siciliani i servizi essenziali. Da qui la decisione di promuovere una petizione online, sottoscritta anche da Giuseppe Benedetto (Fondazione Einaudi), Sonia Alfano (responsabile Legalità di Azione) e Antonello Calia (segretario regionale di Azione Sicilia).

Nel testo si richiama il caso della professoressa Maria Cristina Gallo, deceduta dopo aver ricevuto con otto mesi di ritardo l’esito di un esame istologico. «Non è una tragica eccezione – si legge – in Sicilia troppo spesso si muore perché le cose non funzionano». La petizione denuncia un declino diffuso: ospedali fatiscenti, trasporti carenti, crisi idriche, ciclo dei rifiuti incompiuto e infrastrutture abbandonate, mentre la politica locale continua a spartire incarichi e sussidi.

Calenda richiama infine la Costituzione: «Quando una Regione non assicura più i diritti fondamentali, lo Stato ha il dovere di intervenire. Non farlo significa trattare i siciliani come cittadini di serie B».