Maxi inchiesta su Girgenti Acque, diversi prosciolti. C’è anche anche l’ex prefetto Diomede

La Corte di appello di Palermo ha rigettato il ricorso della Procura di Agrigento che aveva impugnato la sentenza con la quale la Gup Micaela Raimondo aveva disposto il non luogo a procedere nei confronti di alcuni degli imputati coinvolti nella maxi inchiesta su Girgenti Acque 

AGRIGENTO- Niente più processo per alcuni degli imputati “eccellenti” della maxi inchiesta su Girgenti Acque. Prosciolti l’ex Prefetto di Agrigento Nicola Diomede (che era stato rimosso all’indomani delle indagini), l’ex presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gianfranco Miccichè, l’ex deputato nazionale Francesco Scoma e l’ex presidente della provincia di Agrigento, Eugenio D’Orsi. Diomede è stato prosciolto dall’accusa di concorso esterno in associazione a delinquere. Gli inquirenti gli contestavano di aver “salvato” l’azienda idrica di Campione da una interdittiva antimafia. Miccichè e Scoma – anche loro prosciolti – erano accusati di finanziamento illecito ai partiti per aver ricevuto rimborsi di viaggi e spese. All’ex presidente D’Orsi, invece, veniva contestato il reato di corruzione poiché – secondo la tesi dei pm – avrebbe “ritoccato” le tariffe idriche in cambio dell’assunzione a Girgenti Acque del figlio. Tutti, dunque, escono definitivamente dal processo. La corte d’Appello ha inoltre confermato la sentenza di non luogo a procedere, relative a singole contestazioni, che riguardano: Marco Campione (tre ipotesi di corruzione), Giandomenico Ponzo, Giuseppe Giuffrida, Francesco Barrovecchio. Calogero Sala, Calogero Patti, Salvatore Vita (per l’ipotesi di delitto colposo contro la salute pubblica in concorso) e Salvatore Ajola (ipotesi di corruzione), Claudio Lusa (ipotesi di concorso esterno), Francesco Paolo Lupo (ipotesi corruzione). Alcuni di loro (Campione, Giuffrida, Barrovecchio, Lusa, Ponzo, Sala, Patti) sono già stati rinviati a giudizio (23 in tutto gli imputati) per altri reati e sono attualmente a processo.
L’inchiesta Waterloo ipotizza una potente azione di lobbying e la creazione di un vasto sistema di corruttele volto ad eludere i controlli degli enti preposti e che avrebbe permesso di operare in regime di monopolio con relativi guadagni e conseguenze importanti anche sull’ambiente dovuta ad una presunta omissione dell’attività di depurazione delle acque. Le accuse, a vario titolo, sono associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la Pubblica Amministrazione, corruzione, frode in pubbliche forniture, furto, ricettazione, reati tributari, societari e in materia ambientale.